Luca Carboni
L’occasione, ammettiamolo, era
ghiotta; anche – se non soprattutto – per i non-carboniani: riascoltare da una
voce adusa ad altri agoni una manciata di icone del cantautorato storico (si va
dal ’73 della degregoriana La casa di
Hilde all’80 di Up Patriot to Arms
di Battiato, con ben cinque canzoni del ’76, anno, evidentemente, nodale) non
capita tutti i giorni. La selezione, poi, è quanto mai felice. Tutto ok,
quindi? Vediamo: mettendo su il cd, parte un Lolli decisamente glorioso (e
anche piuttosto aperto, quindi adatto ai mezzi del Nostro) quanto altrettanto
decisamente banalizzato, frullato in un sound incapsulato e incapsulante. In
quanto bolognese, Carboni è particolarmente esposto
(proprio come a un morbo, anche se non è che ne sia stato granché intaccato,
come produzione personale) a suggestioni cantautoriali doc. Ed ecco quindi
Lolli, e poi altri illustri corregionali (Bertoli, Dalla, Guccini). Sostenere
che tali sacri testi avrebbero meritato ben altro trattamento potrà anche farci
passare per nostalgici, ma le cose stanno proprio così.
Proseguendo, sia quel che sia,
ecco il primo De Gregori, poi i Bennato di Venderò
(musica di Edoardo, testo di Eugenio), e l’opera d’incapsulamento procede
spedita: sonorità plastificate (quella batteria, soprattutto quella cassa…),
una voce che non riesce a graffiare neppure su testi che di graffi nelle nostre
coscienze ne hanno lasciati parecchi. Ecco quindi il Bertoli di Eppure soffia, un’energia intrinseca
deflagrante, tale da iniziare a tener botta anche della nuova mise. Certo: c’è una non richiesta
alterazione della linea melodica, ma la stoffa è tale che il pezzo riesce quasi
a (ri)emozionare.
La Vincenzina di Jannacci
s’impone per motivi opposti: il suo lirismo morbido e spaesato può contemplare
anche una lettura così impalpabile, benché la mega-coda strumentale sia pura
zavorra (caso non unico, del resto). Segue il Finardi che presta il titolo al
disco, e anche qui qualcosa da salvare c’è. Per La casa di Hilde, uno dei repechage
più sfiziosi, vale un po’ il discorso di Vincenzina
e la fabbrica (repechage
altrettanto opportuno, lo si sarà capito). E spunta, pulita, persino una
chitarra acustica! Segue Up Patriols to
Arms, arrangiamento per una volta aderente all’originale, però con un
piccolo elemento mancante: la voce “umanizzatrice” di Battiato... Dopo un Dalla
non memorabile, chiude la dissepoltura più ardita, quell’Avvelenata che si è fatta con gli anni fardello ingombrante per il
suo stesso autore (e chissà mai perché?). Qui la scelta – usando una facile
parafrasi – vale da sola il prezzo del biglietto. E ovviamente l’ascolto,
sempre istruttivo.
Pensierino della sera: il disco,
nel suo insieme, reggerebbe senz’altro meglio – non è una boutade – a non
conoscere gli originali, risultandone persino utile. Conoscendoli, magari
essendocisi pure formati sopra, diciamo che occorrono almeno tre o quattro
ascolti, intensivi: spogliandoci di quella memoria, l’opera può acquistare una
sua dignità, persino un suo valore. A quel punto, però, Musiche ribelli sarà (ri)diventato un disco di Luca Carboni.
01. Ho visto anche degli zingari felici
02. Raggio di sole
03. Venderò
04. Eppure soffia
05. Vincenzina e la fabbrica
06. Musica ribelle
07. La casa di Hilde
08. Up Patriols to Arms
09. Quale allegria
10. L’avvelenata
Luca Carboni:
voce, tastiere
Riccardo Sinigallia:
voce, programmazioni, chitarre, pianoforte, tastiere, basso, cori
Nello Salza:
tromba, flicorno
Daniele Sinigallia,
Vincenzo Pastano, Matteo Chiarello, Francesco Valento: chitarre
Fabio Marchiori, Fabio Anastasi: pianoforte, tastiere
Clemente Ferrari:
organo, synth
Francesco Zampaglione:
minimoog, MPC 2000
Fabio Patrignani:
archi
Prisca Amori, Adriana Ester Gallo: violino
Andrea Domini:
viola
Giuseppe Tortora:
violoncello
Laura Arzilli:
basso, cori
Antonello Giorni,
Alessandro Canini: batteria,
percussioni