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Mario Venuti

Il tramonto dell’Occidente

Progetto ideato, scritto e musicato da Mario Venuti, Francesco Bianconi (Baustelle) e Kaballà, Il tramonto dell’Occidente è danza elegante, amara, appassionata, catartica e apotropaica sulle rovine della società occidentale.
L’album parte come una riflessione electro-pop su una decadenza sfaccettata, che abbraccia la “deriva” dei “costumi dei presidenti”, così come il tramonto delle “canzoncine d’estate” (Il tramonto) o i falsi profeti mediatici dell’Apocalisse (l’ottima, coinvolgente Ite missa est, con il coro polifonico Doulce Memoire e l’intrecciarsi solenne delle voci parallele di Bianconi e Giusy Ferreri), ma anche come ricerca di un lavacro purificatore nell’aria di fine che si respira, per vivere una rinascita.

Toccante è il passo raffinato e saggio della magnifica I capolavori di Beethoven, misuratissima ballata tramata di archi delicati, omaggio-duetto con il maestro Battiato, inno alle diversità, ostacoli solo a sguardi e giudizi superficiali, agli aspetti divergenti, ai limiti apparenti che possono capovolgersi in punti di forza e alle lezioni delle difficoltà (“nel buio c’è il senso della luce”; “il ritorno inatteso della povertà / ci insegni, finalmente, l’idea dell’abbastanza”).
Tra i brani più convincenti del disco anche il minimalismo synth-pop vagamente filosofico di Tutto appare impreziosita dalla grazia “signora” di Alice.

Non manca un divertissement che moltiplica i “perché” a colpi di samples di brani di Venuti sugli archi tesi di un estratto di Concerto all’aperto di Giorgio Federico Ghedini (Perché); il collage postmoderno di riferimenti per bilanci che bruciano il disincanto per nuovi incanti continua persino con un’ironica citazione di Gianni Celeste per raccontare vane fughe nella droga e più fertili rifugi nella vitalità ferina delle periferie, tra le “stelle inventate / nel ventre della città” (appunto in Ventre della città, che però, fatte salve le intenzioni, musicalmente risuona come un electro-rock che sfiora a tratti il kitsch), o con la meritoria idea di un adattamento in italiano di Ashes of American Flags dei Wilco (Ciao American Dream), purtroppo però appesantita da un arrangiamento pomposo e melodico. Un po’ sovraccarica appare musicalmente anche Arabian Boys, squarcio possibile della Primavera araba tra pop-rock, new-wave e world music.

Più ispirati risuonano i brani siciliani, con i tremoli che accompagnano le invocazioni alla santa patrona di Catania, Sant’Agata (Passau 'a cannalora, cantata con lo stesso Bianconi e Kaballà) e con il suono pulito, eppure profondo del piano per raccontare la leggenda de Il banco di Disisa su “tesori inesauribili” che però nessuno degli uomini (in realtà spesso non bisognosi, eppure avidi come “cani insaziabili”), potrà portare fuori dalla loro grotta. Gradevole infine la conclusione affidata a L’alba, duetto transgenerazionale con il talentuoso cantautore palermitano Nicolò Carnesi, storia post-apocalittica dell’Occidente, che guarda al sole che sorge ad Est e a nuove consapevolezze interiori, superiori rispetto alla più vacua “estetica del mondo”.

Dulcis in fundo, una nota di merito anche per la “profezia” sarcastica racchiusa al centro del booklet, che racconta la fine del mondo (occidentale) annunciata da amori virtuali, chef stellari che si tramuteranno in cannibali, dal trionfo della stupidità e del vuoto a pressione in canzoni senza messaggi, da Movimenti che faranno piazza pulita di ogni orientamento politico precedente e stamperanno pizze con le stampanti 3D e dall’incapacità dell’Uomo di “fare la raccolta differenziata delle proprie emozioni”, per cui in verità “[il Mondo] è già finito da un pezzo”. 
Il disco non sembra sempre all’altezza degli intenti, ma appare un tassello prezioso della discografia di Venuti, nell’efficacia globale della sinergia cantautorale, nella compattezza del concept, nella variabilità delle atmosfere, nella cura delle interpretazioni e delle parole.

(Foto di Amleto Di Leo e Monica Silva)

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In dettaglio

  • Produzione artistica: Mario Venuti, Francesco Bianconi e Riccardo Samperi
  • Anno: 2014
  • Durata: 42:10
  • Etichetta: Musica & Suoni / Microclima / Believe digital

Elenco delle tracce

01. Il tramonto
02. Ite missa est
03. I capolavori di Beethoven
04. Perché?
05. Ventre della città
06. Passau a’ cannalora
07. Arabian Boys
08. Tutto appare
09. Ciao American Dream
10. Il banco di Disisa
11. L’alba

Brani migliori

  1. I capolavori di Beethoven
  2. Ite missa est
  3. Tutto appare

Musicisti

Mario Venuti: chitarra acustica, pianoforte e voce – Francesco Bianconi: tastiere, sintetizzatori, voce in 02 e 06, cori – Tony Brundo: pianoforte, tastiere, elettronica, trascrizione, adattamento e direzione degli archi di 04 da un’idea di Francesco Bianconi, arrangiamento e direzione coro in 02 – Antonio Moscato: basso elettrico ed acustico – Luca Galeano: chitarre elettriche ed acustiche – Donato Emma: batteria – Filippo “Fifuz” Alessi: percussioni – Pierpaolo Latina: tastiere e cori – Marcello Spina: violino – Alessio Nicosia: violino – Simone Paradiso: viola – Alessandro Longo: violoncello – Teresa Raneri, Dario Greco, Peppe Milia: cori – Alice: voce in 08 – Nicolò Carnesi: voce in 11, cori – Giusy Ferreri: voce in 02 – Franco Battiato: voce in 02 – Douce Memorie: coro polifonico in 02 – Bruna D’Amico: direttrice del coro in 02, contralto – Alice Antichi, Sarah Borinato, Maria Fernanda Plumari, Federica Verdemare: soprani in 02 – Grazia Malatino: contralto in 02 – Salvo Fresta, Gionathan Grasso, Salvatore Rosa: tenori in 02 – Salvo Bonfiglio, Federico Buccheri, Andrea Tartaglia: bassi.