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Vincenzo Martorella

Ascoltare/scrivere. Manuale (improprio e antologico) di critica musicale

Arriva dalla penna giusta questo manuale (improprio, come ci tiene a sottolineare l’autore) di critica musicale. Vincenzo Martorella, giornalista, critico, saggista, storico della musica e docente, finalmente ha deciso di infilarsi tra le righe di un libro, fissando, nero su bianco, quello che intere generazioni di giornalisti musicali e critici (compreso chi scrive) hanno imparato seguendo negli anni le sue lezioni, i seminari, lavorando gomito a gomito in redazione, inseguendolo dove capitava. E arriva soprattutto nel momento giusto, con la complicità di una prefazione firmata da Ernesto Assante, quando l’evidente appiattimento che proviene dalla rete, grande buco nero in cui galleggiamo come ologrammi impazziti, ingoia ognuno di noi, tanto, troppo, confondendo ogni cosa in un’unica bolla, scombinando i piani, lasciando alla musica un encefalogramma piatto, gestito da chiunque, senza che si colga la vera differenza tra chi di musica si occupa per mestiere, chi ne scrive per passione, chi copia e incolla i comunicati stampa apponendo in calce la propria firma, senza un minimo parere critico su brani, album, concerti, chi recensisce dischi ma a scuola aveva 5 e mezzo in italiano scritto, chi recensisce dischi, scrivendo benissimo, ma ignorando i fondamentali della materia. Che di musica possa scrivere un appassionato è possibile, che un post di un singolo avventore possa avere più ciccia e pregnanza di una barbosa recensione di un cosiddetto tecnico è probabile: la musica, si sa, viaggia su sentieri di amore e passione; ma necessitano delle regole e un arbiter elegantiarum, specialmente in un momento storico in cui la figura del critico vero, quello che ti aiutava a decidere se acquistare un album o no, se andare a sentire un concerto o lasciar perdere, che ti raccontava un disco partendo dalla base per costruire altezze e vertici, spaziando in mille universi sonori, si teme stia scomparendo, o almeno, di sicuro, langue.

Martorella riacciuffa tutti per capelli, compreso Zappa per i codini, a cui la vulgata affibbia il vecchio adagio scrivere di musica è come danzare di architettura (in realtà attribuito anche a Monk, Costello e diversi altri) e in poco meno di 300 pagine riempie il lettore di suggerimenti, consigli, suggestioni, citazioni, interrogativi, esempi pratici e testi da leggere. Tre le sezioni in cui è diviso il libro, tutte e tre perfettamente concepite come un manuale, appunto, non si scappa (teoria, pratica, antologia), in cui trovare la risposta a una serie di domande obbligatorie che chi vuole intraprendere questo mestiere difficile deve porsi: che vuol dire analizzare un disco; come scrivere una recensione (tra le chicche, a tal proposito, l’inserimento di un  delizioso catalogo di idee redatto da Bruce Crowther, critico inglese); come gestire la destinazione del proprio testo e il tipo di lettore (tra carta e web la differenza salta agli occhi, tanto per citare De Gregori) mantenendo una qualità alta del proprio lavoro; quale competenza musicale necessaria ogni recensore ci si augura debba avere (conoscenza degli strumenti, della storia della musica, dischi epocali, ecc..); quali esercizi di scrittura compiere quotidianamente per tenersi in allenamento; quale approccio scegliere, come smontare un disco o un brano e ricomporlo manco fosse una sorpresina della Kinder; come ponderare un giudizio, come formularlo e molto altro ancora.

La terza sezione (godibilissima), composta da testi dell’autore, sistemati come in una galleria fotografica, ha l’obiettivo di offrire chiari esempi del modo in cui si scrive di musica, correggendo, alla luce di tutto il viaggio affrontato, vizi di forma e inciampi della scrittura, ultimo ma non meno importante tassello di un quadro generale di equilibri a cui bisogna rispondere: l’attacco di un pezzo, la chiosa finale, la gestione della scrittura, i rimandi, la forma.

Tutto quello che, a furia di bacchettate sulle mani, nelle sue classi, abbiamo corretto (e meno male) e che ancora tuona nelle orecchie. Tutto quello che, se solo questo libro fosse uscito quindici anni fa, ci saremmo persi, in aula, faticando come asini, penna e quaderno alla mano, divertendoci da morire.

Tutto quello che ancora, ogni volta che si mettono le mani sul pc per scrivere, costituisce un punto di riferimento costante.

In una delle scene più divertenti di Caruso Pascoski di padre polacco, film di Francesco Nuti, di fronte allo psicanalista (interpretato dallo stesso Nuti) si presentava un paziente fortemente ansioso che, in un climax ascendente, lamentava non solo di russare, ma di sognare. E cosa sognava? un uomo che russava più forte di lui e che sognava altrettanto. E cosa sognava quest'altro? Sognava un altro uomo che dormiva  e che russava più forte di quest'ultimo e più forte di lui, più forte di tutti e in questo baccano generale si svegliavano lui, l’altro e l’altro ancora e non c'era mica verso di dormire. La scena si concludeva con la rassegnata ammissione del paziente, costretto a prendere tre Tavor, uno per sé, uno per quello che sognava e uno per quell'altro.

Ecco. Questo è l'effetto che fa lo scrivere la recensione del libro su come si scrive una recensione (e molto altro), scritto da chi le recensioni ti ha insegnato a scriverle.

Tre Tavor di fila.

Clic. Invio.

 

 

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In dettaglio

  • Artista: Vincenzo Martorella
  • Editore: Ottotipi Edizioni
  • Pagine: 288
  • Anno: 2018
  • Prezzo: 20.00 €