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Niccolò Fabi, Daniele Silvestri, Max Gazzè

Il padrone della festa

Come in un ipotetico campo di calcio di periferia. Tre ragazzetti ormai cresciuti decidono, scelgono, di ritrovarsi assieme a giocare. Io porto il pallone, tu il gesso che segniamo le righe a terra, e tu sistema le giacche per fare le porte. Un attimo per guardarsi in viso e intravedere pizzetti imbiancati e belle rughe a segnare gli anni passati e via, calcio d’inizio.
Che poi da quello stesso campetto c’erano partiti tutti e tre più di vent’anni fa, storie simili e cammini quasi paralleli, stessa voglia di giocare (suonare).

Niccolò (Niccolò Fabi) in mezzo a questi vent’anni di musica c’ha messo proprio tutto. Pezzi di vita, alcuni così dolorosi da farli diventare bellezza (Parole di Lulù), e una crescita fatta di piccoli passi che dal ’96 di Dica lo ha condotto alla targa Tenco come miglior disco dell’anno per il prezioso Ecco, uscito nel 2013. Lui, perfetto osservatore del mondo, viaggiatore nell’anima, attento disegnatore delle “piccole cose”, lui si avvicina al campo e, gessetto bianco in mano, comincia a tracciare i confini del nuovo spazio.
Massimiliano (Max Gazzè) che mischia Belgio, Francia, e sperimentazione fin dagli inizi, s’affaccia in Italia al fianco di Franco Battiato, e poi Cara Valentina e Vento d’estate con Fabi e gli applausi del grande pubblico con La favola di Adamo ed Eva. Lui, buffo Charlot, esperto conoscitore delle parole, un po’ pittore impressionista un po’ fabbro di bottega, lui è già lì al campo ad aspettare gli altri, cappotti in mano.
Daniele (Daniele Silvestri) il Premio Tenco lo vince all’esordio, nel 1994, così tanto per far capire agli addetti ai lavori che ha più di qualcosa da raccontare. E ha continuato a farlo per vent’anni, con ironia, senso critico, voce mai banale e mai fuori tono, arrabbiata, sarcastica, poetica, delicata a seconda dei momenti e dei tempi del racconto. Lui, quello simpatico e un po’ sbruffone, faccia da bravo ragazzo, lui è quello che porta il pallone.

Ecco, questi tre qui, ormai uomini di 45 anni, si sono dati appuntamento al campo e tra corse, allunghi, rovesciate, fatica, sudore, e geniali colpi di tacco hanno dato vita a Il padrone della festa, album di dodici brani già disco d’oro, che sta ricevendo (a ragione) applausi da fan, colleghi, e critici. Perché si siano messi a scrivere assieme proprio ora in questo preciso momento della loro vita, perché abbiano sentito il bisogno di condividere, la necessità di mischiarsi e di nuovo, come se non lo avessero fatto abbastanza nelle loro carriere singole, mettersi in gioco…non è dato saperlo. E probabilmente, a noi che ascoltiamo, non interessa poi tanto. Se il risultato è qualcosa di così appassionato, armonico, suggestivo e intenso, la miccia che ha scaldato tutto questo non è così importante.

Una mescolanza di storie, capacità di sentire il mondo, sguardi, creatività, modalità di narrazione, che non è solo la somma algebrica di tre anime diverse seppur simili, ma sembra quasi essere l’unione di tre mondi amplificati, maggiorati, ognuno debordato fuori dai propri confini. C’è Gazzè in questo disco, ed è bello ritrovarlo come lo si conosce, ma c’è più “grande”, non di età o di esperienza ma di spazio, come se il suo spazio, quello che è come uomo e artista, si sia meravigliosamente ampliato e tutto quello che straripa dai confini, che chi lo segue da anni ama, sia nuovo e mai ascoltato prima.

Così come c’è Silvestri, sempre quello ironico e sornione, quello che sa appiccicare le parole ad una situazione come pochi sanno fare tra chi si definisce artista in questo
Paese, ma anche in lui si sente forte il passo fatto al di là di quello che si conosce, come se tutto fosse moltiplicato per un fattore x (nulla a che fare con il triste x factor beninteso) e portato all’ennesima potenza. E c’è Fabi, che sembra, azzardiamo, essere qui il comandante della nave, quello che ha tracciato una rotta, ma a senso e sentimento, buttando via bussola e carte nautiche (che quando si è tra amici è bello anche perdersi). E per dire cosa è Fabi in questo disco forse basta ricordare che è la voce delicata e avvolgente con cui attacca il ritornello de L’amore non esiste ed è ugualmente, con la stessa potenza di significato, la voce graffiata e di stomaco di Giovanni sulla terra, stesso artista, stesse corde vocali, due brani diversi, due sentimenti così lontani, amore e rassegnazione, due modi diversi di raccontare, e cantare.
Mescolarsi, nella musica come nella vita, non vuol dire perdere se stessi. Né tantomeno annullarsi per creare altro da sé. Vuol dire, se ne si è capaci, aggiungere sfumature a ciò che già si è, aggiungere colore. Non si dimentica la strada fatta fino ad allora, e non se ne prende un’altra. E’ la stessa che prosegue, solamente con un paesaggio diverso attorno, e un passo diverso. Mischiare, amalgamando voci, parole, racconti, melodie, ritornelli, e tutto rinasce con un senso nuovo. Certo poi, se ti chiami Fabi-Silvestri-Gazzè e sei amico da una vita, tutto è più facile.



 

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In dettaglio

  • Produzione artistica: Niccolò Fabi, Daniele Silvestri, Max Gazzè
  • Anno: 2014
  • Durata: 49:33
  • Etichetta: Sony/Universal

Elenco delle tracce

01.  Alzo le mani
02.  Life is sweet
03.  L’amore non esiste
04.  Canzone di Anna
05.  Arsenico
06.  Spigolo tondo
07.  Come mi pare
08.  Giovanni sulla terra
09.  ll Dio delle piccole cose
10.  L’Avversario
11.  Zona cesarini
12.  Il padrone della festa

 

Brani migliori

  1. L’amore non esiste
  2. Giovanni sulla terra
  3. Il Dio delle piccole cose

Musicisti

Prisca Amori: coordinamento archi e primo violino  -  Krumona Plamena, Eunice Cangianiello, Gaspare Maniscalco, Mario Gentili, Alessandra Xanto: primo violino  -  Leonardo Alessandrini, Miwa Shiozaki, Andrea Cacopardo, Elena Centurione, Enrico Renzi: secondo violino  -  Antonio Bossoni, Gaia Orsoni, Raffaele Schiavoni: viola  -  Luca Pincini: violoncello