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Furor Gallico

Future to Come

Nell’ambito dell’heavy metal, il sottogenere del celtic-folk metal si è conquistato negli ultimi vent’anni uno spazio considerevole e viene proposto da numerose band in tutta Europa. Esso si rifà alla musica tradizionale celtica e folkloristica occidentale, affiancando agli strumenti elettrici e alle sonorità aggressive tipiche dell’hard rock timbri tradizionali come arpa celtica, bouzouki, flauti e violino. Le formazioni che portano avanti questo filone sono pertanto generalmente composte da sei o più elementi. Le tematiche delle canzoni sono spesso legate al rapporto tra uomo e natura, quella stessa Natura che per i Celti ed i loro sacerdoti, i Druidi, era l’essenza della divinità: gli antichi popoli che abitavano le isole britanniche, varie regioni europee e il Nord Italia adoravano infatti le forze naturali, come il sole e la luna, e celebravano i propri riti nei boschi, considerando l’acqua, con il suo eterno scorrere, il principio vitale.
 
I milanesi Furor Gallico sono uno dei gruppi, insieme ai bergamaschi Folkstone, che hanno contribuito a diffondere le sonorità folk-metal in Italia, con grande seguito anche a livello internazionale. Le loro composizioni sono spesso incentrate sulla relazione tra l’essere umano e l’ambiente, nella constatazione che l’inquinamento e l’eccessivo sfruttamento delle risorse naturali abbiano alterato i delicati equilibri primordiali, con il conseguente auspicio di un possibile ritorno ad un rapporto più autentico e rispettoso con l’ambiente stesso. Citiamo, a questo proposito, il loro album “Songs from the Earth” del 2015, in cui questi temi sono presenti a partire dall’immagine di copertina, che rappresenta una quercia con le radici circondate da teschi e i nodosi rami protesi verso il cielo come simbolo dell’eterno ciclo vita-morte.

Future to Come
è il quarto lavoro in studio dei Furor Gallico e comprende otto tracce, delle quali sette in inglese e l’ultima in italiano, in linea con le consuetudini del gruppo che ha sempre utilizzato le due lingue, con qualche occasionale “incursione” nel dialetto brianzolo, nei propri lavori. Tutti i brani sono costruiti su un efficace equilibrio tra la componente folk, rappresentata dagli strumenti della tradizione, e quella “metallica”, più estrema ed aggressiva. Nell’ambito di questa cifra stilistica, che da sempre contraddistingue i lavori della band lombarda, i diversi elementi musicali e testuali si muovono con coerenza, alla ricerca di un’armonia tra opposti, quegli stessi opposti che caratterizzano la Natura, madre e matrigna, fonte di bellezza e di consolazione ma anche di cataclismi e di distruzione.

Da segnalare il fatto che il lead vocalist Davide Cicalese utilizza frequentemente il “growl” (“ringhio”, “ruggito”), una particolare tecnica tipica di sottogeneri estremi come il black e il death metal, che prevede l’emissione di suoni cavernosi e gutturali rilasciando attraverso la gola l’aria immagazzinata grazie al controllo del diaframma. Contraltare alla cupa vocalità del frontman è la voce femminile di Valentina Pucci, che rappresenta la componente melodica; i brani, pertanto, sono giocati sul dialogo tra i due timbri e, al tempo stesso, tra le sonorità degli strumenti tradizionali (arpa, flauti, violino) e gli epici assoli di chitarra, con tutti gli altri ingredienti tipici del metallo più “pesante”. Quanto alle liriche, l’idea del contrasto tra libertà e prigionia, spazi aperti e confinamento, luce ed oscurità è ricorrente in tutti i brani. Le vicende narrate si collocano in una dimensione senza tempo, a rievocare un passato mitico, auspicando che le coraggiose gesta degli antichi eroi possano rinnovarsi nelle generazioni future. Il protagonista può essere isolato nel proprio tentativo di fronteggiare le avversità o può ricercare un rapporto di solidarietà con gli altri individui. Il desiderio di rinascita delle proprie energie vitali è simboleggiato dall’avvicendarsi dei cicli della natura, come il sorgere del sole che trionfa sulle nebbie e sull’oscurità. Altrove, invece, si celebra il valore dell’amicizia, della fratellanza, dei ritrovi accanto ad un focolare; si ribadisce l’importanza delle proprie radici e la necessità di lottare per difendere un ideale. Gli scenari dipinti nei diversi brani, infine, sono tanto paesaggi apocalittici che panorami idilliaci dove scorrono acque cristalline e spirano freschi venti che invitano alla riconciliazione con se stessi e con la vita.

Si apre con l’arpa celtica, alla quale fanno seguito i flauti e via via gli altri strumenti, l’opener Call of the Wind, in cui il dialogo tra la voce maschile in versione growl e quella di Valentina vuole narrare il senso di prigionia e di isolamento di un vita confinata tra quattro mura che viene finalmente sconfitto dal richiamo del vento: solo a contatto con la natura il protagonista potrà infatti riconquistare la propria libertà ed autenticità. Birth of the Sun raggiunge vette poetiche anche grazie all’utilizzo della voce “pulita” che rende comprensibile il bellissimo testo dai toni introspettivi. Il brano è caratterizzato da un clima onirico e sospeso, quasi esclusivamente acustico nella prima parte; l’ingresso successivo di toni più energici contribuisce a sottolineare il dissidio interiore dell’io lirico e il suo desiderio di rinascita. Black Skies evoca invece un futuro distopico in cui cieli oscuri incombono sui destini dell’umanità: unica via d’uscita è quella di vivere la propria esistenza momento per momento, rinsaldando i legami con gli altri individui e con la musica come faro illuminante a fare da guida. Molto affascinante il passaggio strumentale acustico nella seconda parte del brano, al quale si vanno a sovrapporre, in modo non invasivo, gli strumenti elettrici, trasportando l’ascoltatore in una dimensione quasi ultraterrena con la chiusura affidata alla chitarra acustica. Atmosfere più “bellicose” sono presenti in Faith Upon Lies e soprattutto in Ancient Roots, caratterizzata da accelerazioni black, che nel testo anticipa la title track. Quest’ultima si apre in modo quasi bucolico e prevede l’utilizzo della voce pulita, che dialoga e a tratti si sovrappone a quella femminile con effetti suggestivi, elevandosi in un inno all’amicizia e alla convivialità.  A chiudere la sequenza, Anelito, in cui emerge la parte centrale, affidata a chitarra acustica, violino e voce femminile a voler simboleggiare l’effimero e tenebroso spirito dell’io lirico, con un successivo crescendo che conduce ad un finale quasi esplosivo.

Future to Come
è un album che otterrà sicuramente consensi dai cultori del genere, ma nelle sue manifestazioni meno estreme potrà essere apprezzato anche da un pubblico meno avvezzo alle sonorità metalliche. L’alternarsi di timbri vocali (particolarmente gradevoli in versione naturale) e gli intrecci sonori tra strumenti tradizionali ed elettrici dipingono efficacemente scenari atemporali, in cui il rapporto tra individuo e ambiente e la riscoperta dei valori primordiali sono al centro di un concept di ottima fattura, a confermare il meritato prestigio che i Furor Gallico sono riusciti a conquistarsi sulla scena musicale internazionale.

 Foto di Ivan Licheri

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In dettaglio

  • Produzione artistica: Gabriel Consiglio
  • Anno: 2024
  • Etichetta: Scarlet Records

Elenco delle tracce

01. Call of the Wind              

02. Among the Ashes

03. Birth of the Sun               

04. Black Skies                     

05. Faith upon Lies               

06. Ancient Roots                 

07. Future to Come               

08. Anelito

Brani migliori

  1. Birth of the Sun
  2. Future to Come