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Lorenzo Malvezzi

Filastrocche per bambini cattivi

Arriva al secondo capitolo la saga sarcastica-ironica del cantautore genovese Lorenzo Malvezzi. Che poi detta così sembrerebbe che questo Filastrocche per bambini cattivi non si discosti poi molto dal primo Canzoni di una certa utilità sociale. Il che è sbagliato, come cercheremo di dimostrare. Sbagliato prima di tutto a livello musicale. Perché questo secondo album mostra evidenti tracce di discontinuità: spariscono i suoni un po’ eccessivamente patinati, il pop si arricchisce di armonie più folkeggianti e – in alcuni casi – molto sixties, per esempio.

Ma è, soprattutto, da un punto di vista tematico che questo Filastrocche rompe decisamente col precedente. Abbiamo l’impressione che Malvezzi cerchi in tutti i modi di depistare l’ascoltatore, cercando di apparire come quello che ormai non è più. Detto in altri termini, più egli cerca di sembrare il solito cinico-sarcastico, più questa posa pare solo una difesa contro l’insorgere di nuove  istanze emotive. Partiamo dalla copertina: un Malvezzi in posa serissima e con sguardo di sfida ha in mano – a mo’ di fiore – un carciofo (ortaggio spigoloso e spinoso). Come dire: sono qui a offrirvi spine non petali. Sembrerebbe confermare il tutto il brano che apre il disco, Cinicittà. Con un abile gioco di parole, il cantautore ci dice che tutta la vita è finzione (film, appunto, cinecittà) e con cinismo ci invita a non fidarci di chi parla d’amore (con quasi citazione del Quartetto cetra e della loro Non ti fidar di un bacio a mezzanotte). Ecco, tutto questo insistere sul cinismo è sospetto. Ma è un sospetto che sembra – e sottolineiamo “sembra” – spazzato via dalla seconda traccia (È arrivata l’estate), che ci riporta in tematiche più consone al primo Malvezzi, un’irresistibile ballata molto anni Sessanta sul concetto di “produci, consuma, crepa”. Insomma una canzone fortemente connotata di elementi sociali.

Ma tutto cambia con la terza traccia. Introduce una filastrocca recitata da Zibba (Zibbastrocca, appunto) che ci avverte che solo i bambini – che pure noi chiamiamo cattivi – hanno la capacità di trasformare il mondo, di rende possibile l’impossibile (ah, quanto sarebbe piaciuta questa filastrocca a Pascoli!): “Non si può dir cattivo/ di chi non vuol mangiare/ se l’alternativa è continuare a giocare/ non è certo cattivo chi ai baci di una zia/ preferisce dar due colpi sulla batteria”. Il concetto è ribadito dal brano Ardiciocca  in cui si esalta la realizzazione dell’apparente impossibile razionale. La fantasia (dei bambini) diviene un qualcosa di tangibile, concreto e fattibile nel mondo adulto. Solo che ce lo scordiamo. Ecco, quindi, la svolta. Il razionale non può più essere lo spazio del conoscibile. Ne consegue che anche il cinico-sarcastico ne debba fare i conti. Tutto diventa questionabile. Non esiste un nero e un bianco… ma ampie zone di grigio. Non sarà un caso, allora, che Ardiciocca (che vuol dire carciofo in genovese) sia seguito da Decreto 93 titolo che, come ci avverte il booklet del cd, rimanda a “un decreto Legge con il quale si cercano di aumentare le pene nei confronti di chiunque infligga violenza sulle donne”. La spina del carciofo, evocata nella copertina, si trasforma in un petalo di un fiore. O meglio, il contrario, il petalo si può trasformare in spina quando in mano a certi uomini. E, allora, anche la copertina del cd sembra assumere tutt’altro significato.

Sempre più il Malvezzi fustigatore dei vizi italici lascia spazio al Malvezzi più intimista e lirico. Certo, il primo cerca ancora qualche affondo (Nerone), qualche difesa che possa confermare il proprio cinismo, ma il secondo oramai prende il sopravvento. Ed è a fine album che tutto ciò diventa chiarissimo. Malvezzi è ora sposo (felice) e padre (felice). E questo – anche quando si è avvocati cinici e sarcastici – qualcosa vuol dire. La paternità non solo cambia equilibri di coppia, ma equilibri interiori, rimettendo nel giusto ordine priorità e doveri. Malvezzi può anche provarci un poco a sorriderne (Da padre in figlio) ma è un sorriso che conferma l’assunto. E che dire dell’amore, sentimento così pericoloso per chi non vuole perdercisi. Non ci sono canzoni sarcastiche o di protesta che tengano di fronte a una grande canzone d’amore. E Maledetto sia l’amore è una grane canzone d’amore. Una ballad assolutamente irresistibile, in cui il primo Malvezzi finalmente si dichiara sconfitto: “Odio dire amore mio io non so cos’è successo/ ma come un fesso sono tornato a amare anche io”.

Un disco, insomma, che va ascoltato tutto di un fiato per capirne bene le sfaccettature e che al di là di qualche eccesiva lungaggine – a nostro parere una tracklist un poco più snella avrebbe giovato – diverte, fa riflettere ma, soprattutto, emoziona.
Checché il primo Malvezzi ne dica! 

(La foto di Zibba è di Giulia Spinelli)

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In dettaglio

  • Produzione artistica: Federico Lagomarsino e Lorenzo Malvezzi
  • Anno: 2016
  • Durata: 60:00
  • Etichetta: Ostile Records

Elenco delle tracce

01. Cinicittà
02. È arrivata l’estate
03. Zibbastrocca
04. Ardiciocca
05. Decreto 93
06. Le definizioni
07. La fattoria degli animali
08. L’incontro
09. Barabarastrocca
10. Bogart
11. Nerone
12. Da padre a figlio
13. Quasi le sei
14. Un attimo in più
15. Maledetto sia l’amore

Brani migliori

  1. È arrivata l’estate
  2. Maledetto sia l’amore

Musicisti

Federico Lagomarsino: mini batteria, percussioni e cori   -  Pietro Martinelli: contrabbasso   -  Tristan Martinelli: basso elettrico   -  Francesco Carcano: basso   -  Paolo Ballardini: chitarra 12 corde chitarre elettriche   -  Edmondo Romano: clarino in do   -  Stefano Cabrera: violoncello  -  Pietro Uliana: chitarra classica   -  Cosimo Francavilla: sax   -  Lorenzo Malvezzi: voce, cori, kazoo, scacciapensieri, chitarra acustica, ukulele, chitarra elettrica