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Roberto Amadé

Bravery

C'è una canzone che mi risuona in testa ogni volta che riascolto questo secondo disco di Roberto Amadè: Something happened in the way to heaven. E non certo per affinità musicali del Nostro con il buon Phil Collins. Quanto, piuttosto, perché davvero qualcosa è accaduto, a questo enfant prodige della canzone d’autore, lungo la strada che portava al Paradiso. Il Paradiso del successo e della notorietà. Eh sì, perché Roberto Amadè aveva, qualche anno fa, inanellato una serie di successi che avevano attirato su di lui molti sguardi: Premio Bindi (nel 2010), partecipazione al Festival di Sanremo (con ottimi riscontri di critica) nel 2011 e conseguente bel disco d’esordio (Come pioggia), coautore di Cristiano De André per l’album Così in cielo così in guerra. Poi, il nulla. Il silenzio (il che pare già un paradosso per una delle più belle voci del panorama cantautoale italiano). Anni di attesa. Quasi che Amadè fosse scomparso dalle scene.

Ora, mi si dirà che questa, tutto sommato è biografia, e poco c’entra con una recensione. Tutto vero, se non fosse che la “lettura” di questo disco, Bravery, non può non tener conto di ciò che è accaduto in questi anni ad Amadè: i primi contrasti con certi discografici, la volontà di non cadere in facili compromessi, la rottura con una major, la voglia di mollare tutto. E poi la consapevolezza che la musica non è solo un contratto discografico. La musica non è il grande successo di pubblico (perché, come ci insegna Guccini, il grande pubblico è ammaestrato e non fa paura). Occorreva immergersi in una sorta di morte per poter rinascere. Ed è proprio questo tutto ciò che racconta questo bellissimo disco.

E per farlo occorreva (occorre) molto coraggio: Bravery, appunto. Ma sbaglierebbe di grosso chi volesse leggere il disco solo come un rancoroso discorso verso le major o, peggio, un lavoro autoconsolatorio e autoindulgente. Perché è vero, Bravery parla di dolore (e sarebbe davvero interessante fare una sorta di analisi lessicale per scoprire quali sono i termini maggiormente usati), ma non solo. È un disco, alla fine, di amore: amore verso la propria compagna, verso i propri figli, verso la vita di tutti i giorni. Proprio quella vita che viene calpestata dalla grande industria musicale. E alla fine, dopo averlo ascoltato tutto d’un fiato, sentiamo che non c'è in Bravery una briciola di rancore ma - per quanto ciò possa considerarsi assurdo - di serenità. La serenità di un uomo che è anche cantautore. E non la nevrosi di un cantautore che è anche uomo! Per certi aspetti è un viaggio.

Un viaggio che si apre con la parola odio… Che però Amadè preferisce proferire in inglese (l’album contiene, infatti, tracce cantate in italiano e inglese). Potrebbe essere certo una scelta per certi aspetti prettamente espressiva. Ma ho, invece, l'impressione che Amadè scelga l’inglese perché comunque certe cose non si riesce del tutto a dirle nella propria lingua. D’altronde l’incipit della title track (che non a caso apre l’album) è per certi aspetti programmatico: “It’s time to hate/ it’s time to change my destiny”. Come detto, si parte con l’odio per arrivare a una sorta di nuova consapevolezza. L’odio può portare alla fuga, alla rottura e invece l’album si chiude con un pezzo di speranza e rinascita (Mai - Tra un graffio ed un’offesa). Un viaggio musicale che spazia da garbati pezzi pop d’autore a brani con sonorità più folk-rock (come appunto Bravery e la bellissima Let’s feel better) e persino soul (The mask).

Un disco di un uomo rappacificato. Che non possiamo che consigliare di ascoltare. Lasciandosi trasportare dalle emozioni.  

(Foto di Isabel Salinas)

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In dettaglio

  • Produzione artistica: Roberto Amadé e Roberto Cappella 
  • Anno: 2016
  • Durata: 45:00
  • Etichetta: Respect

Elenco delle tracce

01. Bravery 
02. Congela il sorriso 
03. Così il silenzio 
04. Let’s feel better 
05. Crescere
06. La libertà di scegliere
07. La resa del perdono 
08. La stagione della lealtà 
09. The dancer 
10. The mask 
11. Mai – Tra un graffio ed un’offesa 

Brani migliori

  1. Bravery
  2. Let’s feel better

Musicisti

Roberto Amadè: voce, acoustic and electric guitar, piano, rodhes, bass, drums  -  Antonello Labanca: electric bass, double bass  -  Gianluca Raisi: drums  -  Gigi Biolcati: percussion  -  Paolo Guercio: programming and sound engineer  -  Biagio Labanca: electric guitars