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Paolo Jachia e Francesco Paracchini

Nonostante Sanremo – 1958/2008: arte e canzone al Festival

Si rimane perplessi di fronte ad un’evidenza “obliqua” com’è quella che ha fatto sì che, ad oggi, un libro sulla canzone italiana, quella che va (e fa) a Sanremo, rimanesse non recensito da “L’isola che non c’era”. La perplessità aumenta, poi, quando si leggono i nomi degli autori di questo libro: Francesco Paracchini e Paolo Jachia. Il fondatore e direttore della rivista di musica italiana “L’Isola che non c’era” il primo, Docente Universitario, valente saggista e redattore della pima della medesima rivista, il secondo. Il motivo di questa stranezza? Forse il fatto di credere che, date le premesse, “una” recensione di tale lavoro non potesse essere che positiva. Forse il pudore di pubblicizzare un proprio “prodotto” utilizzando uno strumento “amico” e, quindi, non scevro da condizionamenti. Insomma, una bella autocensura! A questo originale modo di fare diffusione della cultura musicale e popolare, vogliamo dare comunque un contributo e l’unico modo possibile era quello di leggere “Nonostante Sanremo” traendone alcune indicazioni e suggestioni.

 

Innanzitutto non abbiamo di fronte un libro “intellettuale” (nonostante la presenza di un cattedratico e semiologo quale Jachia è) perchè le pagine vanno a cogliere, in maniera pregnante e profonda, l’anima popolare che alberga nella canzone italiana, sia essa d’autore che, più tradizionalmente, quella intesa come melodico/leggera. Il libro, poi, si immerge nella storia della canzone sanremese ricordando sia passaggi temporali, sociali e culturali, sia “leggendo”, grazie all’avvicendarsi degli artisti, alla novità delle liriche, alle differenti proposte melodico-ritmiche, il cambiamento della cultura popolare che, nelle giornate dedicate al Festival, “decideva” e “decide” quale abito indossare o quale direzione prendere.

 

La dicotomia canzone d’autore/canzone sanremese è certa ed evidente, la separazione è netta e senza incertezze eppure, ad una lettura attenta e non pregiudiziale, si scoprono tante inattese ed incredibili “stranezze” e commistioni da restare a bocca aperta, reclinando il capo di fronte ad evidenti, inattese, situazioni/soluzioni artistiche. Il punto nodale, però, al di là d’ogni considerazione sui periodi e sugli artisti presenti (ottima la suddivisione dei capitoli per temi e/o gruppi omogenei di artisti) è la valenza della canzone come forma di comunicazione e della canzone d’autore, a maggior ragione, come forma culturale che supera le mode contingenti ed esprime situazioni che segnano il tempo, che vivono di vita propria a distanza di anni.

 

Nelle 250 pagine di testo scorrono le immagini di un Paese vivo, ricco, vitale, ma anche preoccupato di trovare, o di perdere, la propria identità e di individuare quell’ideale filo conduttore che possa legare, per esempio, Nilla Pizzi a Max Gazzè, Fausto Cigliano a Carlo Fava. Il vecchio ed il nuovo stretti in un’idea di società che è mutata ma che, al contempo, non può fare a meno di raccontare, di descrivere, di inventare, di sognare, di costruire prospettive, di distruggere vecchi miti. Un filo conduttore che sia capace di non rimanere limitato ad un percorso in linea retta ma che possa diventare elemento di tessitura di più importanti e decisive trame tali da rendere questo Paese, fosse solo grazie all’emozione promanata da una canzone o da una melodia, una Nazione capace non tanto di uniformarsi ad un pensiero unico (ci siamo già passati, grazie...) ma di unirsi per un percorso, almeno nelle linee generali, comune.

 

E’ un’impresa sovrumana (conoscendo gli italiani, il loro individualismo e la loro storia) ma, paradossalmente, necessaria perchè è anche grazie alle “canzoni” siano esse leggere come “Grazie dei fior” o impegnate come “La guerra di Piero” che si costruisce quell’edificio fatto di emozioni e memorie che, alla fine, possiamo chiamare Storia. Un processo spesso doloroso, talvolta liberante ma, certamente, mai banale. Ed anche un Festival come quello di Sanremo può aiutare, con la sua storia ed i suoi cambiamenti, a darci una fotografia, precisa e puntuale dello stato di questo bello e sciagurato Paese.

 

Questo libro, dunque, è da leggere utilizzando i suoi capitoli come istantanee che fissano “un” tempo ma che, al contempo, ci liberano “dal” tempo. E dopo averne scorso tutte le pagine si può anche immaginare (e comprendere) perchè Luigi Tenco non è morto invano...

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In dettaglio

  • Artista: Paolo Jachia e Francesco Paracchini
  • Editore: Coniglio Editore
  • Pagine: 270
  • Anno: 2009

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