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AA.VV.

Italo Calvino e gli anni delle canzoni

Già la copertina doveva metterci in guardia. Un Calvino disegnato con dubbio gusto, con tratto tipico dei caricaturisti nelle vie di maggior flusso. Ma, appunto, de gustibus, sicché quello che ci interessava, e ci ha sollecitato la nostra dopamina, è stato il titolo (Italo Calvino e gli anni delle canzoni), il CD in allegato, il marchio di garanzia del Club Tenco e la curatela di Enrico de Angelis che della storica e benemerita associazione ne è Responsabile Artistico dalla scomparsa di Amilcare Rambaldi.

Per coloro che amano la Canzone e la Letteratura, per quelli che negli anni si sono incuriositi del rapporto (non sempre amorevole) tra queste due espressioni artistiche, e hanno indagato i casi in cui questi due mondi si sono incontrati (riportando alla mente le esperienze, non sempre lineari e fertili, in cui scrittori e poeti, pensiamo a Fortini, Pasolini, Roversi, e tanti altri, si sono provati nella scrittura di testi), ebbene, per loro questo libro, sulla carta, prometteva meraviglie. 
E noi siamo tra questi, oh sì che lo siamo! Con bambinesca frenesia, mettendo per un po’ in standby l’interessante Una vita stupenda, autobiografia di Claudio Villa (Mondadori, 1987), scartiamo dunque il cellophane e sfogliamo il libro.

Uhm.
Qualcosa non torna.
Guardiamo meglio.
Continua a non tornare.

Il libro si apre con un’interessante e puntualissima (vista la firma non c’è da stupirsene) introduzione del curatore dove si tratteggiano i rapporti tra Italo Calvino, forse il più importante letterato italiano della seconda metà del Novecento, e la forma canzone. Giustamente De Angelis nota che pochi, anche tra i più colti, sanno che Calvino scrisse anche canzoni in un fervido triennio che va, essenzialmente, dal ’58 al ’60, nella temperie culturale e politica di quell’esperimento fondamentale che furono i Cantacronache. Forse quei pochi ricordano solamente Dove vola l’avvoltoio e Oltre il ponte, la cui tematica resistenziale ne ha in qualche modo facilitato la diffusione, e non sanno che invece l’autore sanremese scrisse altre cinque testi, dentro e fuori i Cantacronache, senza contare altre liaisons con forme musicali colte (per esempio quella con Luciano Berio). De Angelis indaga i testi di Calvino, cercando, per quanto possibile, di ricostruirne la genesi ed evidenziando come alcuni suoi versi abbiano avuto una significativa onda lunga ritornando, per esempio, ne La guerra di Piero di De André e in 300.000.000 di topi di De GregoriFin qui, come sa bene chi ha visto L’odio di Kassovitz, tutto bene.

Nel frattempo, il bimbo ha inserito nel lettore il CD allegato al libro: anche questo lo ha ingolosito perché Grazia De Marchi (nella foto) vi interpreta, accompagnata dal pianista Giannantonio Mutto, le sette canzoni scritte da Calvino, più un pezzo “colto” nato dal lavoro con Luciano Berio. Il bimbo, quando era ancora più bimbo, anni prima aveva acquistato il lavoro analogo dedicato dalla cantante veronese al Pasolini “canzonettista”, e lo aveva assai apprezzato. Gli piace anche questo: la De Marchi nel genere spesso definito “canzone teatrale” è brava e se vengono in mente i nomi di Laura Betti e Milly, di Edmonda Aldini e Maria Monti, è un buon segno. Tra parentesi, Sul verde fiume Po e Torino la nuit o Rome by night sono autentiche rivelazioni.

Ma il bambino è multitasking e continua, goloso, a sfogliare il libro: ecco i testi delle canzoni calviniane, accompagnati da altrettanti disegni (prescindibili? Sì), e già qua si sente odor di cristianucci: che ci crediate o meno, per riportare otto testi, magia dell’impaginazione, ci vogliono 30 pagine. Il bambino che è in noi si stupisce: il libro appare sostanzioso, circa 250 pagine, a che pro estrogenizzarlo in tal modo?

Così gira ancora pagina e si imbatte in un corposo capitolo di 185 pagine: “Calvino racconta Calvino”. Si tratta di uno scritto di Annalisa Piubello, un saggio il cui linguaggio denuncia una chiara provenienza da ambiente accademico, un lavoro (e il bambino sbigottisce) che non c’entra assolutamente NULLA con il tema-chiave del libro, cioè Calvino e la Canzone. Pretestuose appaiono, non ce ne voglia il curatore, le motivazioni apposte nell’introduzione: tracciare un quadro dell’autobiografismo calviniano nelle opere degli anni Cinquanta, il decennio che vide la “sbandata” per la canzone, per contestualizzare tale esperienza. E’ ovvio che i tentativi di Calvino nella canzone vadano visti nell’ambito della sua attività letteraria coeva, ma qua siamo di fronte a un saggio di quasi duecento pagine in cui l’hastag #Calvino-Canzone non è minimamente sfiorato (senza contare che le canzoni di Calvino, escluse le due resistenziali di cui sopra, dal tono comunque civile, di autobiografico hanno proprio pochino).

Illuso, romantico e fesso, il bambino di cui sopra arriva all’ultimo capitolo, in cerca di qualcosa che abbia a che fare con il motivo per cui ha speso 16 euro per accaparrarsi questo libro. Approda così al saggio finale “Italo Calvino e il romanzo inesistente”, ne legge il titolo e, deduttivo, sacramenta ad alta voce: altre 16 pagine incentrate su tutt’altro (a parte un posticcio riferimento all’inizio).

Insomma, perché? E soprattutto come mai nella testa del bambino ritorna lo scolastico verso virgiliano “Timeo Danaos et dona ferentis”? Direte: ma non ti basta il bel saggio iniziale di Enrico de Angelis? In fondo sono solo 7 canzoni, 3 anni, che volevi di più?

Uhm…vediamo po’, per dirla con Vladimir Il'ič Ul'janov: che (cosa si sarebbe potuto) fare?

Beh, si sarebbe potuto per esempio intervistare i “reduci” di quella gloriosa stagione dei “Cantacronache”, farsi raccontare di persona il coinvolgimento di Calvino: parlo di Fausto Amodei (nella foto) e soprattutto di Margherita Galante Marrone (in arte Margot), anch’essa attiva nei Cantacronache nonché moglie di Sergio Liberovici, principale partner musicale della scrittura canzonettistica di Calvino. Si poteva forse indagare il rapporto di Calvino, come ascoltatore, con la Forma Canzone: è vissuto fino a metà anni ’80, quindi ha attraversato la stagione migliore della nostra canzone d’autore: avrà apprezzato qualcuno o qualcosa? Se sì, chi? Se no, perché?

E poi si sarebbe, per esempio, potuto chiedere alla stessa De Marchi cosa significa cantare Calvino, se è stato più o meno facile del cantare Pasolini. E perché non intervistare anche qualcuno dei tanti artisti della canzone (lo stesso De Angelis ne ricorda molti nell’introduzione) che nel tempo hanno avuto, direttamente o meno, a che fare con Calvino? Oppure approfondire le critiche che, anche a sinistra, vennero mosse ai Cantacronache (De Angelis le accenna, ma una disanima più ponderata è rintracciabile nella tesi universitaria La poesia per canzone e la critica, discussa da Mario De Felicis), oppure ancora chiedersi, come fa Giacomo Mencarelli negli Atti del Convegno Il granaio della memoria (Edorow Editore) cosa permane della scrittura colta, quando si fa popolare, nella memoria collettiva.

O chissà quante altre cose.

Così il bambino deluso torna al suo Claudio Villa, e legge con piacere le pagine in cui il Claudio nazionale entra, tra i primissimi, alle Fosse Ardeatine dopo il massacro, o quando, dopo un concerto ad Arezzo, si fa blandire da un signore elegante che lo vuole assolutamente ospitare nella sua lussuosa villa, un certo Licio Gelli. 

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In dettaglio

  • Artista: AA.VV.
  • Editore: Betelgeuse Editore
  • Pagine: 266
  • Anno: 2015
  • Prezzo: 16.00 €

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