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Massimo Germini

Il legno e l'anima

Generalmente chi ha un ruolo di musicista ‘accompagnatore’ di un frontman conosciuto, maggiore o “minore” che sia, è visto quasi in trasparenza. Tutta l’attenzione è di solito concentrata su chi è centrale nell’esecuzione mentre il resto dei musicisti potrebbe essere visto come un corollario. Necessario ma non fondamentale. Questo tipo di atteggiamento è fisiologicamente “normale” ma, al contempo, riduttivo rispetto alla levatura artistica del o dei musicisti. Massimo Germini, poeta degli strumenti a corda, è uno di quei musicisti che, invece, non passa inosservato. Sei costretto ad ascoltarne le trame sonore e gli arpeggi costruiti dalle dita delle sue sapienti mani che, insieme, con la passione ed il sentimento, colorano al meglio l’accompagnamento al fortunato artista di turno… A lui abbiamo posto qualche domanda sul suo “mestiere…”      

Quando hai iniziato ad appassionarti alla musica e, in particolare, alla chitarra classica/acustica? 
Fin da bambino. Ricordo che quando sentivo suonare qualcuno rimanevo a bocca aperta ad ascoltare, estasiato. Poi un giorno comparì a casa una chitarra Eko da 10.000 lire, peraltro destinata a mio fratello, e fu un vero e proprio colpo di fulmine. Passavo le giornate intere a cercare accordi e Battisti fu il mio primo maestro inconsapevole. Ancora oggi ne conosco tantissime, viene utile in compagnia quando a sorpresa compare una chitarra.

Quali i riferimenti strumentali ed artistici verso i quali ti sei orientato agli inizi della tua carriera?
Il primo come dicevo fu Battisti che, contrariamente all'immaginario, aveva delle soluzioni chitarristiche tutt'altro che banali e nient'affatto facili. Poi a seguire tantissimi altri da James Taylor, Paul Simon, Cat Stevens, Ian Anderson dei Jethro Tull (più famoso come flautista ma splendido chitarrista acustico), Steve Hackett, Steve Howe etc...e poi i nostri: Franco Mussida, Alberto Radius, Massimo Luca, insomma la lista è infinita. Ho adorato i Genesis, i Pink Floyd, i Jethro Tull, i King Crimson e poi la PFM, il Banco del Mutuo Soccorso, Le Orme…

Prediligi un suono particolare (o tipo di chitarra) nei tuoi lavori di accompagnamento oppure adatti sempre il suono all’artista da accompagnare e con quale criterio?
Negli anni sono sempre più orientato verso la chitarra classica. Mi piace moltissimo il suono del nylon nelle canzoni, ma sono molto attento anche ad individuare il suono giusto con lo strumento a corda più adatto.

Ci sono chitarristi a cui sei particolarmente legato e per quale ragione?
Qui sopra ne ho citati parecchi ma aggiungerei molti chitarristi della cultura brasiliana a partire da Toquinho che ho studiato molto da ragazzo, Gilberto Gil, Joao Gilberto, Guinga. Adoro Ralph Towner (ex Oregon) nella sua conversione alla chitarra classica. Mi piacciono quei chitarristi che hanno un proprio linguaggio, un tocco originale.

Che genere di musica ascolti abitualmente?
Potrei dire qualsiasi cosa come dicono tutti ma mentirei... ascolto molta musica classica, in particolare per chitarra, musica brasiliana (consiglio Roberta Sa), mi piace la musica folk di vari paesi e poi a seconda del progetto a cui sto lavorando mi documento sul genere richiesto. I cantautori li conosco e li seguo abbastanza, mentre tra le nuove leve conosco e apprezzo Ghali per via dei miei figli.

Mi ha particolarmente colpito il tuo accompagnamento a Roberto Vecchioni, nell’esecuzione di “Emozioni” di Lucio Battisti nello special di RAI 1 a lui dedicato. Come si sviluppa, dal punto di vista emotivo, un accompagnamento così caldo ed interiore?
Ti ringrazio molto per aver colto l’essenza di quella performance. Con Roberto si è creato un feeling particolare, sono quasi vent'anni che suoniamo insieme. Lui canta come solo lui sa fare, mettendoci sempre l'anima e io devo gioco forza adattarmi. Comunque, il segreto, come dico sempre, è che ti piaccia quello che fai. Se ti emozioni tu, qualcosa passa per forza.

Da anni segui, in particolare, proprio Roberto Vecchioni. Che cosa ti accomuna a lui dal punto di vista artistico? Come pensi che le tue sonorità, il timbro che promana dalla tua chitarra, possa essere un importante supporto alla sua modalità di proporre le sue canzoni?
Penso che il tutto sia riconducibile all'intesa e non parlo solo di intesa  musicale. Ci vediamo di frequente perché, oltre ai concerti, sono con lui anche all'Università di Pavia per il corso “Forme di poesia in musica”. Si parla di tutto, dalla politica alla letteratura, di sport e dell'Inter... Lui canta, come poco fa dicevo, io mi attacco al labiale, ascolto i testi e mi emoziono.

 

In genere il musicista che accompagna un grande artista è visto quasi in trasparenza. Eppure, senza la sua presenza “fidata”, chi canta si potrebbe sentire meno sicuro. Pensi che sia vero?
La trasparenza intendi? L'importante è il risultato finale, non è importante chi fa gol.

Per un musicista puro che non è all’interno di una band oppure che non fa il cantautore, è sempre più difficile vivere all’interno di un contesto che offre poco e a pochi. Come fare per resistere e, secondo te, cosa sarebbe opportuno “inventarsi” per migliorare la situazione?
Questa è la domanda più difficile... consiglio di dedicarsi a musiche proprie (non si sa mai e poi è divertente), di cercare un linguaggio proprio che caratterizzi la propria dimensione artistica. Non dimentichiamoci che chi corre da solo arriva sempre primo.

 Quindi, aggiungerei, cercare di essere originali è virtù…gradita e preziosa… 

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Foto in studio di Orazio Truglio
Foto live di Roger Berthod

 

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