Alcatraz, Milano
L’Alcatraz è quasi troppo piccolo
per contenerli. E l’attesa non li ha minimamente scalfiti, anzi. Quando Cesare Cremonini fa il suo ingresso sul
palco, subito dopo tutta la band, sulle note di Louise, loro, i fan, si lanciano in un’ovazione che stupisce e
copre. Tutto. Succede ad ogni
concerto, verrebbe da dire, ma quello che accade questa volta sotto il palco, l’energia
positiva che questi ragazzi sprigionano sia prima che durante lo spettacolo, lascia
qualcosa di davvero buono. E il merito è soprattutto di Cesare, che sul palco è
un assoluto catalizzatore di sensazioni, ed un ottimo performer, come al solito
coinvolgente e carismatico.
Ormai assurto all’olimpo dei
cantanti con la C maiuscola, Cremonini
passa con disinvoltura dalla chitarra elettrica a quella classica al pianoforte
per tutta la serata, cantando, saltando e ballando ininterrottamente, con
un’energia che probabilmente ricava dall’amore dimostrato dal suo pubblico e da
quello profondo che, si percepisce chiaramente, prova per la musica. Ad
accompagnarlo non una band “normale”, ma ben sette musicisti e tre coriste, per
uno spettacolo polifonico e assolutamente impeccabile dal punto di vista
sonoro. La scaletta è cauta, probabilmente perché si tratta della prima tappa
dopo l’uscita de “Il primo bacio sulla luna”, e alla fine della serata saranno
tanti i pezzi vecchi ad essere stati eseguiti, per la gratitudine di un
pubblico che proprio quelle canzoni voleva sentire. Così, complice l’atmosfera
di cui sopra, in qualche momento ci si ritrova ad avere di nuovo diciott’anni e
a canticchiare le canzoni di “Squérez” perdendosi in sogni mistici. Il
coinvolgimento vero però, almeno per chi scrive, è sulle note dei brani nuovi: Figlio di un re, Le 6 e 26, Il pagliaccio
e Il primo bacio sulla luna. E, tra
le “vecchie”, l’intensa Sardegna e Ancora un po’.
Comunque sia, il nostro ha
energia da vendere, e lo dimostra abbandonando il palco dopo due ore abbondanti
di show. Quasi in chiusura saluta una platea soddisfatta e felice sulle note di
una versione molto swing de Gli uomini e
le donne sono uguali e dà un augurio finale rivolto ai giovani di oggi,
“perché non siamo stati proprio fortunati a essere giovani di questi tempi, ma
grazie alla musica, per noi quello che viene potrebbe sempre essere Un Giorno Migliore”. Per lui sembra
esserlo, e anche un po’ per noi che mentre lo ascoltiamo ci avvolge nella sua
stessa vitalità.