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Arena Alpe Adria, Lignano Sabbiadoro

Francesco De Gregori

FRANCESCO DE GREGORI, Tour 2018
Giù il cappello e ancora applausi per il Principe in controluce

Una specie di cantiere. Transenne, bidoni di latta verniciati di bianco su cui è appoggiata l’armonica, una bottiglietta d’acqua e poche altre cose, un fondale bianco alle spalle che separa il fronte palco da tutto quanto succede o è successo dietro le quinte, e del nastro teso da un capo all’altro, bianco e rosso. C’è pure un cartello: vietato fumare. Per la prima volta in un tour di Francesco De Gregori c’è una scenografia, se di scenografia si può parlare. Ah, impossibile non notarle, ci sono anche delle lampadine nude appese a pavese sopra al palco, e alcuni riflettori da cinema d’annata alle spalle, rivolti verso il pubblico. Un cantiere, dicevamo, dove si lavora in continuazione da più di mezzo secolo.



De Gregori, classe 1951, torna a suonare nelle piazze e nei teatri all’aperto italiani in questa estate rovente del 2018 con la voglia, ancora una volta, di rimettere mano al suo repertorio, lavorando sulla resa di certi brani famosi, riscoprendone altri che erano stati accantonati, scavando lui stesso con le mani per recuperare alcuni suoni di tempi più o meno lontani ed inventarne altri. Il Principe dei cantautori si rimette in gioco divertendosi (perché questa è l’impressione) a riprendere in mano il suo lavoro, a cominciare dalla formazione della band che lo accompagna in questo tour, scegliendo di circondarsi solo di strumenti a corda, limando, smussando, ripulendo il tutto, lasciando emergere l’essenza in un continuo work in progress che in fondo non stupisce chi lo segue da sempre, ma che suona anomalo nel panorama attuale dove tutto, troppo spesso, appare “infiocchettato” per apparire più di quel che è. Qui, invece, sembra che si giochi al contrario, e si riveda anche lo stesso ruolo di “front man” o addirittura di “star” della musica italiana: De Gregori fa un passo indietro e mette avanti la sua musica.

Lui, in t-shirt e cappello, entra in scena sulle prime note di basso e si siede, lontano dal microfono. Si siede in penombra, dove solo un raggio di luce taglia il suo viso improvvisamente, e osserva dal fondo del palco il movimento del proprio lavoro, l’impatto sul pubblico, le facce della gente che applaude il suo ingresso. Per la prima volta, forse, si siede a osservare gli altri che suonano, e coloro che ascoltano, prima di cominciare a cantare. Intanto il Capobanda (o dovremo dire in questo caso, “il capocantiere”) Guido Guglielminetti introduce e conduce, guida i lavori, espone alla luce dei riflettori quei suoi arrangiamenti (a volte inediti) che ancora una volta un po’ sorprendono, spiazzano, incuriosiscono. Ma quando inizia a cantare, De Gregori incanta forse più di sempre. Mai come ora infatti, la cura che egli mette nel canto, nel modulare la voce e accarezzare le parole, nell’accompagnarle rallentando e respirando tra un verso e l’altro, è stata così evidente. Al centro del palco, rinuncia spesso alla chitarra per rapportarsi solo con il microfono. Lo accarezza con le lunghe dita, gli sorride, alza le spalle, inclina la testa e asseconda le parole con gesti eleganti delle mani, quasi teatrali.

L’Isola anche stavolta c’era, ha vissuto questa nuova evoluzione e ora prova a raccontare questa prima parte di tour. Redattori affezionati e curiosi erano presenti tra il pubblico a Roma, a Como, a Lignano Sabbiadoro, al Carroponte di Sesto San Giovanni. Inoltre, chi ha fotografato questo concerto ha notato in particolare un’altra interessante novità: le luci spesso sono rivolte verso il pubblico. I volti di chi assiste al concerto sono quasi sempre illuminati, le emozioni sono visibili, si canta con l’artista in modo “sfacciato”, ci si abbraccia, si sorride o si piange palesemente, senza nascondersi. Sul palco anche i musicisti sono ben illuminati, mentre è proprio De Gregori ad essere spesso in ombra, e la sua alta e sottile figura appare controluce al microfono. A brillare sono ancora una volta le sue canzoni, protagoniste assolute, che si susseguono senza bisogno di presentazione; del resto il Principe non è mai stato particolarmente loquace, e anche adesso le parole per introdurre i brani scarseggiano. C’è solo un accenno a Dylan, prima di cantare la sua No dark yet (Non è buio ancora): “Non è mia e se non vi piace prendetevela con lui” e alla fine la presentazione della moglie, Alessandra Gobbi come “una ragazza, che poi è diventata la mia sposa, Chicca”, che sale sul palco per interpretare in duetto affettuoso Anema e core.

La scaletta del concerto propone naturalmente alcuni brani molto noti, inossidabili e immancabili, dalla marcia di Generale a Buonanotte fiorellino che ritorna ad essere un romantico valzer lento, da Alice che rivive come splendida adolescente nel suo originale splendore a dispetto della reale “età anagrafica” a Rimmel  in un nuovo abito country, e canzoni che da tempo non erano eseguite dal vivo, come Il cuoco di Salò, carica di particolare intensità, Raggio di sole (una delle più gradite sorprese), la malinconica Gambadilegno a Parigi e nelle prime date la delicata Due zingari (che, chissà come mai, è purtroppo uscita di scaletta), veri e propri gioielli quasi dimenticati. E poi ancora, Bambini venite parvoulos, tra i brani più inaspettati, forte della sua purtroppo tragica attualità e Numeri da scaricare che si regge tutta sul basso possente del Capobanda, sono indubbiamente tra gli episodi migliori. Tutti i brani sono rivestiti di nuove sonorità acustiche anche in funzione dell’assenza di batteria, dei fiati e del violino (presenti fino all’estate scorsa), e danno la possibilità ai musicisti di spiccare in modo autonomo e assolutamente originale. In particolare, il suono avvolgente e un po’ misterioso della pedal steel guitar di Alessandro Valle si nota molto di più rispetto al passato, così come anche il mandolino, mentre i preziosi “soli” di Paolo Giovenchi alla chitarra diventano protagonisti assoluti in alcuni brani. Al pianoforte e alla fisarmonica Carlo Gaudiello, entrato nella band alla fine dello scorso anno debuttando al fianco di De Gregori nel tour internazionale (che aveva la stessa formazione, finora inedita in Italia), accompagna con un suono essenziale e discreto (o forse ancora un po’ “timoroso”) pezzi monumentali come La donna cannone e Sempre e per sempre che sono comunque particolarmente emozionanti per l’intensa interpretazione del Principe.

Toglierci il cappello, quando gli applausi e le standing ovation non bastano più, sarebbe il minimo da parte nostra, se solo in queste serate torride avessimo anche noi un cappello in testa. Invece lo fa lui, quello che un tempo era famoso per essere scontroso, sfuggente e ombroso. De Gregori, con il cappello tra le mani e un sorriso compiaciuto e insieme grato si inchina, ringrazia più volte guardando in viso gli spettatori, saluta. Presenta la band e ancora sorride, e ancora si inchina, e ancora, di nuovo, saluta come raramente gli abbiamo visto fare. Sembra proprio essere grato al “pubblico pagante” di esserci stato, di averlo ascoltato, di aver accompagnato e compreso questa sua fase di cambiamento, questa sua nuova età, questa rilassatezza che lo fa entrare in scena per i bis con in mano un bicchiere di vino bianco e la sigaretta accesa. E sul fatto di aprire un altro “cantiere” dopo una carriera del genere, e con il piacere evidente di farlo, davvero tanto di cappello.

Foto di Valeria Bissacco

 

Scaletta concerto del 19 luglio 2018
Lignano Sabbiadoro (UD), Arena Alpe Adria
Numeri da scaricare
Caterina
Il cuoco di Salò
Buenos Aires
Non è buio ancora (Not dark yet, di Bob Dylan)
Vai in Africa, Celestino
Sempre e per sempre
Cose
La leva calcistica della classe 68
Generale
Raggio di sole
Gambadilegno a Parigi
Bambini venite parvoulos
Santa Lucia
4 marzo 1943 (omaggio a Lucio Dalla)
La donna cannone
Buonanotte fiorellino
Titanic
BIS
Falso movimento
Alice
Anema e core (con Alessandra Gobbi)
Rimmel

 

 

 

 

 

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In dettaglio

  • Data: 2018-07-19
  • Luogo: Arena Alpe Adria, Lignano Sabbiadoro
  • Artista: Francesco De Gregori

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