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Addio al "Califfo"... se n'è andato Franco Califano.

Franco Califano, poeta e cantore delle borgate romane, il "Califfo", se n'è andato, nella sua casa di Acilia, a 74 anni. Era nato a Salerno nel 1938.

Da sempre considerato il viveur venuto dalle periferie, personaggio in bilico fra cinismo e romanticismo, protagonista di fotoromanzi, cronache scandalistiche, uscite galanti e frequentazioni spesso ambigue, nascondeva dietro all'aspetto da macho una straordinaria sensibilità che esprimeva attraverso splendide canzoni, cantate, fra le altre, da Mina, Mia Martini, Ornella Vanoni, oltre a quelle da lui stesso interpretate.
Per i giornali, Franco Califano era il playboy "de borgata", protagonista delle cronache per le sue avventure galanti e le frequentazioni con personaggi spesso contigui alla mala. Eppure, dietro al personaggio del "Califfo", si celava un'anima capace di una grande profondità e di una sorprendente poeticità.
Alle sue composizioni offrirono la loro interpretazione Mia Martini in Minuetto (scritta con Dario Baldan Bembo) e La nevicata del '56 (scritta con Carla Vistarini), oppure Ornella Vanoni, interprete di La musica è finita (musica di Umberto Bindi, scritta con Nisa), Una ragione di più (scritta con Mino Reitano), ed ancora Peppino di Capri, che con Un grande amore e niente più vinse il Festival di Sanremo del 1973. Indimenticabili, poi, E la chiamano estate, scritta con Bruno Martino che ne fu l'interprete e l'inno romanesco Semo gente de borgata, affidata alle voci di Edoardo Vianello e Wilma Goich. Per la più grande voce italiana, quella di Mina, Califano scrisse un intero album, Amanti di valore, nel 1974.
Con la sua voce cantò, fra le altre, Tutto il resto è noia, su musica di Frank Del Giudice, La mia libertà, Io per le strade di quartiere, scritta insieme a Toto Cutugno ed ancora Napoli.

L'ultima apparizione a Sanremo avvenne nel 2005 con Non escludo il ritorno, scritta insieme ai Tiromancino.
Una vita intensa e "complicata", la sua: arrestato nel 1970 per possesso di stupefacenti, caso in cui rimase coinvolto anche Walter Chiari, fu ancora la droga a riportare Califano dietro le sbarre, nel 1983, con l'aggravante del porto abusivo di armi, questa volta insieme ad Enzo Tortora, esperienza che Califano raccontò nell'album Impronte digitali. Tutti i processi, peraltro, si conclusero sempre con l'assoluzione "perché il fatto non sussiste", fatto che l'artista ha sempre voluto sottolineare, anche in qualità di scrittore.

Profondamente romano, nonostante le origini campane ed il fatto che, curiosamente, tifasse calcisticamente per l'Inter, visse tutte le epoche più intense della capitale, dalla "dolce vita" agli anni descritti in Romanzo Criminale, con spirito guascone e piglio da "borgataro" doc, incarnando davvero l'anima più verace della capitale.

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