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Gerardo Tango

Tempio instabile

Torna dopo quattro anni, alquanto turbolenti su tutti i fronti, Gerardo Tango. Per chi non lo conoscesse, diciamo subito, tanto per andar giù chiari, che è tra i più bravi, di questi tempi instabili, a coniugare rock e canzone d’autore, linguaggi per niente facili da far andar d’accordo. Oddio, forse è il caso di spiegarsi meglio: quando dico ‘coniugare rock e canzone d’autore’, non alludo a quella cosa che fa Ligabue, o sul versante indie, un Paolo Benvegnù, per dire. Il fatto è che in Gerardo Tango, e questo suo terzo lavoro Tempio instabile è qui a dimostrarcelo, la parola “rock” andrebbe declinata al plurale, tanta è la capacità di questo autore di saper maneggiare le diverse spinte stilistiche e creative che dai Sessanta in poi hanno innervato questa musica.

Rispetto al precedente “Il vento è forte qui… si vola meglio”, più radicato nei Settanta, quelli più avventurosi (con diversi riferimenti al prog), il nuovo lavoro di Tango mostra un’apertura maggiore giocando (un po’, con gusto ed eleganza) con l’elettronica e cercando sfumature anche in certa new wave anni Ottanta. Ma dentro ogni singolo pezzo ci sono svolte inattese: da una nervatura funky si può passare a un tempo dispari, da una pulsazione reggae a un’apertura melodica, da un groove quasi disco (in La Fiera) a una gentile bossa, e il bello è che riesce a intagliare con penna sicura testi mai banali che si incastrano a meraviglia nella sua giostra sonora in mezzo al mare.

 

Ma, sottolineiamo, qua non c’è posto per quell’aperto citazionismo così retromaniaco, e in qualche caso anche un po’ paraculo, che negli ultimi anni sta spopolando qua e là. Gerardo Tango mischia le carte, spiazza, disattende. Per capirci, Paola, il brano più radio friendly, il più anni ’80, è anche quello politicamente più diretto, rievocando la tragica vicenda di Paola Clemente, una bracciante morta di lavoro, di caldo e di fatica nel luglio 2015 nelle campagne di Andria, nella terra di Giuseppe Di Vittorio (tra l’altro omaggiato da Gerardo Tango con Nicola Conversano e Savino Lasorsa in un lavoro teatrale portato su diversi palchi, con le canzoni di Matteo Salvatore). Anche in questo caso, come già in C’è un Italia del precedente lavoro, Gerardo Tango riesce mirabilmente a evitare le pericolose sirene della retorica, scegliendo il punto di vista del marito di Paola, puntando là il suo focus su quei consueti momenti familiari quotidiani, quei piccoli gesti d’amore che la morte, così tragica, così ingiusta, ha cancellato.

Basterebbe questo brano, posto non a caso in coda, a giustificare questo album, che in realtà anche altre delizie regala a chi sappia ascoltare, a cominciare dalla title track, una canzone sulla felicità (spoiler- c’è una giostra sul mare: alias la felicità esiste, da qualche parte sta) che cita nel testo Edith Piaf, Chico Buarque de Hollanda e un Lucio che può essere indifferentemente Dalla o Battisti. Anche qui a un intro più sbarazzino, quasi pop, fa subito seguito una strofa che porta il pezzo altrove, un refrain che è una bomba, poi uno special strumentale più duro e sincopato.

Oppure ascoltate Se tu lo vuoi, una canzone d’amore che è anche una sorta di plazer provenzale con quelle scene di vita piena e serena, tra amici, stelle, bici, mare. È, apprendiamo fuori onda, il ricordo di una storia d’amore finita, ma a differenza di certi cantautori che in questi casi usano la canzone come clava per sputar fiele sulla vecchia fiamma (i nomi li sapete), qua invece l’artista pugliese rievoca solo il bello di quella storia. Ma ci piace segnalare anche Questo fiore, in cui acustica ed elettronica si fondono armoniosamente e in cui Tango si rivolge a un ipotetico fidanzato della sorella affidandogliela e chiedendogli di averne cura (ma il “fiore” può essere tante altre cose da trattare bene, possiamo essere noi quando abbiamo bisogno di affetto, quando siamo fragili).

Insomma, Tempio instabile segna un passaggio importante perché rispetto ai pur validissimi lavori precedenti, che sembravano parlare programmaticamente a una nicchia, questo album vuole chiaramente rivolgersi a un pubblico più ampio, pur senza tradire la propria visione artistica, e non è impresa da poco. Una parte del merito va anche ascritta a Carmine Terracciano, che oltre a coadiuvare il titolare nella stesura delle musiche, ha curato mirabilmente gli arrangiamenti e ha messo mano a chitarre, basso ed elettronicherie varie.
Rispetto al suo esordio, quell’ “Una donna” che tanto colpì anche noi quando lo presentò alle selezioni del nostro Premio L’Artista che non c’era, pare che i tempi siano un po’ più favorevoli per una proposta che non si vergogna di esibire le proprie radici musicali (pensiamo alla crescita di seguito di un Andrea Lazlo De Simone, per capirci), sicché speriamo tanto che questo ultimo lavoro di Gerardo Tango  possa davvero trainarlo un po’ più in là, verso quel pubblico che, non sarà oceanico, ma c’è, e che se solo conoscesse Tempio Instabile non potrebbe fare a meno di amarlo.

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In dettaglio

  • Produzione artistica: Gerardo Tango e Carmine Terracciano
  • Anno: 2022
  • Durata: 42:05
  • Etichetta: Suoni indelebili

Elenco delle tracce

01. Puoi immaginare
02. Vieni
03. Questo fiore
04. Tempio instabile
05. Rita
06. La danza del fuoco
07. La fiera
08. Se tu lo vuoi
09. Sto bene
10. Luce
11. Paola (a Paola Clemente)

Brani migliori

  1. Se tu lo vuoi
  2. Tempio instabile
  3. La fiera

Musicisti

Gerardo Tango (voce), Carmine Terracciano (chitarre, basso, effetti e programmazione), Stefano Montrone (batteria e glockenspiel), Cosimo Caggìa (basso)