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Patrizia Cirulli

Sanremo d'autore

Ognuno ha il suo Sanremo. Perché, diciamoci la verità, possiamo odiare il Festival, parlarne male con colleghi ed amici al bar o in ufficio, riempire i social di post in cui ci reinventiamo critici. Ma poi tutti (o quasi) lo guardiamo. E, diciamoci anche questo, ognuno ritorna con la memoria al momento in cui ha sentito un determinato pezzo presentato al Festival. È un giochino che possiamo fare tutti ascoltando questo bellissimo nuovo lavoro di Patrizia Cirulli, Sanremo d’autore (bella la foto di copertina scattata da Renzo Chiesa al teatro Carcano di Milano) E quindi tornare con la memoria al 1987 o al 2005. Ma il giochino si trasforma, in questo caso, in sbalordimento se non in vera e propria commozione. Perché Cirulli dà voce (e non uso questa espressione a caso, come spiegherò dopo) a dodici (anzi undici, ma anche di questo dirò dopo) pezzi con una grazia assolutamente unica, facendoci capire che Sanremo sarà anche sempre Sanremo (e quindi un carrozzone mediatico) ma ha saputo nel corso del tempo regalarci alcune perle assolute del nostro panorama musicale. E non è quindi certo un caso che il cd abbia un titolo che può apparire “provocatorio” se non proprio ossimorico (che c’entra il Festival con la canzone d’autore?).
Il progetto a prima vista appare semplice: rispolverare dodici pezzi che hanno avuto pochissima fortuna durante la rassegna (piazzandosi nelle ultime posizioni, se non addirittura non giungendo neppure in finale), ma che sono poi diventate nel corso del tempo dei piccoli o grandi “classici”. Ma ha qualcosa di decisamente più ambizioso: dimostrare, come detto, che la canzone d'autore può vibrare in tanti palcoscenici, compreso quello del Teatro Ariston (ancor più quando poi a reinterpretare le canzoni ci si mette la passione e la competenza di un'artista come Patrizia).

Si inizia con una versione strumentale-solo piano di Vita spericolata di Vasco Rossi (Sanremo 1983, penultimo posto) che vede la partecipazione nientemeno del grande Vince Tempera. Un brano quasi solo accennato, che serve davvero da prologo all’entrata in scena della voce della Cirulli. Perché la grande protagonista dell’intero progetto alla fine è proprio lei: la voce. Un po’ come era già accaduto in Qualcosa che vale (in cui la cantautrice milanese, grazie al lavoro di importantissimi ospiti, rileggeva l’album E già di Battisiti), anche qui gli arrangiamenti appaiono minimali, quasi evocativi e spetta alla voce dare conto del dettato melodico e dell’emozione che proprio quella melodia trasmette. Sono, le note cantate da Patrizia Cirulli, come delle lame che penetrano nella carne della nostra emotività, facendoci riscoprire anche passaggi che forse non eravamo riusciti a cogliere in pieno nella versione originale.
Ed eccola allora qui, in sequenza, questa raccolta di piccole e grandi perle a cui Patrizia Cirulli (qui in alto in una foto di Ottavio Tonti) ha avuto il grande coraggio di dare nuova vita. Un grande merito va sottolineato per Lele Battista, pianista, bassista, polistrumentista che da molti anni collabora con Patrizia (splendido il lavoro fatto insieme per 'Mille baci', fortunato album che raccoglieva testi di grandi poeti musicati dalla Cirulli su cui Lele ha disegnato la stragrande maggioranza degli arrangiamenti).

- Ciao amore, ciao (1967) di Luigi Tenco. Forse uno dei passaggi più “critici” dell’intero disco, vista la storia della canzone (o meglio, ciò che accadde poi in quella maledettissima serata sanremese) che Cirulli sembra quasi voler subito affrontare. Al piano, ancora una volta Vince Tempera. Due take e la canzone è pronta, senza aggiungere altro.

- Il tuo amore (1965, esclusa dalla finale) di Bruno Lauzi. Chi meglio di un artista continuamente in bilico tra Sanremo-Festival e Sanremo-Tenco come Sergio Cammariere poteva accompagnare l’artista milanese e dimostrare, appunto, come la canzone d’autore abbia bazzicato, eccome, il Festival? È uno dei brani meno conosciuti tra quelli scelti per questo progetto, è vero, ma un degno omaggio all'unica partecipazione di Bruno Lauzi al Festival. Vale la pena sottolineare che questa traccia è prodotta direttamente da Cammariere, che per la sezione ritmica chiama al suo fianco i musicisti storici che lo accompagnano ormai da quindici anni e più, Luca Bulgarelli al basso e Amedeo Ariano alla batteria. Registrato al GrandeAngelo Studio di Roma e mixato/masterizzato allo Studio EmmePi da Mario Puccioni,  il brano diventa un piccolo gioiello di grazia ed eleganza, riuscito esempio di come si può far diventare modernissima una canzone scritta cinquantatre anni fa. Ascoltare per credere.

- Un altro posto nel mondo (2006, esclusa dalla finale) di Mario Venuti. Forse uno dei brani più intensi del disco (clicca qui per il video, girato in Sardegna ed in Sicilia che vede alla regia e al montaggio Gianpaolo Stangoni), così come quello citato in precedenza e cantato con Cammariere (il video di questo brano è di prossima uscita). E qui Patrizia chiama proprio Venuti a riprendere in mano il pezzo per arricchirlo con la sua voce (ancora la magia della voce!) di nuove sonorità. Anche qui viene scelta la formula del "duetto" per dare ulteriore spessore e nuova vita al brano, con la voce del cantautore sicilano che si amalgama alla perfezione sulla timbrica vellutata di Patrizia. 

- Colpevole (2005) di Nicola Arigliano. Un pezzo jazzato difficilissimo perché continuamente in bilico tra ironia e serietà. Indimenticabile l’ultima apparizione di Arigliano a Sanremo, che a 81 anni incomincia una sorta di jam session interrotta da un imbarazzatissimo Paolo Bonolis (l’avevo detto che ognuno ha il suo Sanremo nell’album dei ricordi) a cui va però il merito di aver infranto una regola ferrea al festival e cioè quella di non prevedere bis. Ma quella sera l'eccezione bussava alla porta. E il "colpevole" sappiamo chi era.

- Pitzinnos in sa gherra (1992) dei Tazenda. Canzone bellissima che vede la partecipazione nel testo anche di Fabrizio De André. Indimenticabile la voce di Andrea Parodi. Magia pura la capacità di Patrizia Cirulli, anche grazie ad un arrangiamento minimale (Giorgio Cordini al bouzuki e Max Gabanizza al basso fanno un ricamo delicatissimo che non passa inosservato), di farci apprezzare l’invocazione da preghiera sotteso al brano.

- Canzoni alla radio (1986, ultima posizione) degli Stadio. Altro piccolo gioiello che rischia di passare come un capitolo tutto sommato minore del gruppo bolognese. Ascoltate questa versione, nello splendido arrangiamento di Lele Battista e Nicola Bodini, per capire perché non è così! 

- 1950 (1983, esclusa dalla finale) di Amedeo Minghi. Uno di quei casi in cui l’amante della buona musica grida vendetta. Un pezzo assolutamente magico, dal vago andamento onirico che ci riporta ad altra epoca storica. I giudici, forse distratti da altro, non capirono. Cirulli si commuove nel cantarla. E si sente. Un plauso va rimarcato anche per Andrea Di Cesare, musicista di grande spessore che prende per mano gli arrangiamenti e li calibra sulla voce di Patrizia in maniera raffinata, suonando anche gli archi e il pianoforte.

- Il mare immenso (2011, portata in gara da Giusy Ferreri, approda in finale per piazzarsi ultima). Una delle tante bellissime ballate di Bungaro. Ci voleva un arrangiamento essenziale e acustico. Ottimo il lavoro alla chitarra di Massimo Germini.

- Donne (1985, penultima posizione) di Zucchero. Il rischio qui era di cadere in una versione in qualche modo ultra pop (visto il successo del brano nel corso del tempo) oppure eccessivamente seriosa. Aiuta l’ukulele di Danilo Vignola - uno dei più talentuosi e virtuosi suonatori di ukulele a livello europeo - a dare il giusto andamento reggae e un poco scanzonato. VIgnola, insieme a Gianluca Sanza, s'inventano un arrangiamento che riesce ad evitare ogni rischio e il risultato è godibile.

- Rosanna (1987, penultima posizione) di Nino Bonocore. Il Festival ha davvero un modo tutto suo per allontanare da sé (o relegarli ai margini) alcuni brani particolarmente poetici. Non sfugge alla regola neppure uno dei capolavori di Nino Bonocore. La voce di Cirulli in questo caso più che emozionata sembra quasi gioiosa, come se quel mondo poetico aprisse scenari del cuore del tutto inaspettati. A scegliere l'arrangiamento giusto e a dare un nuovo colore a questa versione di Rosanna ci pensa Joe Damiani, che si chiude nel suo studio di Brescia e ne esce con una traccia dove indovina ritmica e mood generale, suonando tutto quel che serve. Un rilettura elettro-acustica molto riuscita.

- Lei verrà (1986, ben oltre metà classifica...) di Mango. Se l’inizio del disco era una salita da hors catégorie, per usare un’espressione del Tour de France, il finale è il Colle del Tourmalet. Fuori di metafora, se era difficilissimo iniziare con Tenco, ancora più difficile poteva essere terminare con Mango. Perché, se parliamo di voci, quella del cantante lucano è davvero unica. Patrizia lo sa bene e affronta la prova con una modestia disarmante. Nessun tentativo di imitazione. La Cirulli affronta i tornanti con le sue gambe e con il suo passo lasciando Mango scattare di volta in volta. Solo così poteva arrivare al traguardo. Solo così c’è arrivata, alla grande. Alla gente.

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In dettaglio

  • Produzione artistica: Patrizia Cirulli
  • Anno: 2018
  • Durata: 43:47
  • Etichetta: Egea Music

Elenco delle tracce

01. Vita spericolata
02. Ciao amore, ciao
03. Il tuo amore (con Sergio Cammariere)
04. Un altro posto nel mondo (con Mario Venuti)
05. Colpevole
06. Pitzinnos in sa gherra
07. Canzoni alla radio
08. 1950
09. Il mare immenso
10. Donne
11. Rosanna
12. Lei verrà

Brani migliori

  1. Pitzinnos in sa gherra
  2. 1950
  3. Lei verrà

Musicisti

Vince Tempera (pianoforte, # 1 e #2) - Sergio Cammariere (pianoforte, piano Rhodes, keyboard e voce, #3)  -  Luca Bulgarelli (basso elettrico, #3), Amedeo Ariano (batteria e percussioni, #3)  -  Mario Venuti (voce, #4) – Pierpaolo Latina (pianoforte, #4) – Massimo Germini (chitarre, #5, #9 e #12) - Yoris (percussioni, #5 e #12) – Giorgio Cordini (bouzouki, #6) – Max Gabanizza (basso fretless, #6) – Gaben (basso elettrico, #7) – Niccolò Bodini (batteria, percussioni, programmazioni, #7) – Andrea Di Cesare (pianoforte, violino, programmazioni, cori, #8) – Danilo Vignola (ukulele elettrico e acustico, #10) – Gianluca Sanza (basso elettrico, #10) – Antonello Ruggiero (batteria, #10) – Rocco Sante Sabia (chitarre, #10) – Viviana Fatigante (cori, #10) – Joe Damiani (chitarre, batteria, percussioni, programmazioni, cori,  #11) – Lele Battista (arrangiamenti e programmazioni dove non espressamente indicato).