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Vinicio Capossela

Rebetiko Gymnastas

L’album Ovunque proteggi (2006) aveva immortalato per 13 tracce un equilibrio ideale tra le varie componenti della poetica caposseliana, istrionismo, intimismo malinconico, vivacità dai colori bandistici e fonti letterarie, che affondavano le loro radici fin nel mito. Dopo un disco così perfetto, andare avanti per Vinicio non era facile: ci ha provato con un ripiegamento su atmosfere soffuse e raccolte e suoni da orchestra giocattolo in Da solo (2008) o alzando ancora l’asticella della qualità, con il voluminoso e ambizioso concept album doppio Marinai, profeti e balene (2011), la sua Marina Commedia, che tanti elogi ha ricevuto, eppure potrebbe sembrare tentare di ravvivare e riattivare in modo un po’ meccanico la bellezza magniloquente e mirabolante delle sue canzoni, un tempo forse più “naturale”.

Ora da spulciare libri di avventure e poemi epici, ritagliando figure di carta e rianimandole dando loro un corpo e un cuore musicale, Capossela è passato a ricercare suoni e note; dopo aver sdoganato ben prima di ogni moda i ritmi tarantolati radicati nella terra salentina e il folklore semplice dell’intenso Matteo Salvatore o quello sociale di Enzo Del Re, ecco che il cantautore nato ad Hannover approfondisce l’esplorazione di un altro universo di suoni e ritmi nati per parlare “dal basso” e si dedica alla diffusione delle sonorità della dimotika e in particolare del rebetiko, ricordando della Grecia non le traversie economiche attuali, ma la tradizione musicale, nata dal dolore, dalla fatica dell’emigrare e dalla levità fascinosa del ballo.

In Rebetiko gymnastas Capossela ripensa le sue canzoni di non-più-amore, già in parte nate sotto l’egida di stelle greche, o propone brani inediti immergendosi nello splendore dolente dei ritmi greci; nella tessitura dei fraseggi del sommo rebetis Manolis Pappos, la nostalgia si stempera nell’oblio e nella seduzione di passi di danza (Abbandonato, libera interpretazione in italiano di un brano dell’argentino Atahualpa Yupanqui), così come tra le «braccia della notte» (Rebetiko mou, che, come lascia intendere il titolo, è un brano al 100% caposseliano, l’unico tra gli inediti dell’album). Alcune tra le migliori ballate di amara solitudine e finta indipendenza firmate dal cantautore (Con una rosa in salsa bajon, Non è l’amore che va viaMorna, già ispirata dalle parole di Konstantinos Kafavis, e Scivola vai via, che, tradotta nei 9/8 del zeibekiko, la “danza delle danze”, comprende anche una strofa in greco) risuonano allora più leggere, eppure proprio per questo sofferte, come un nodo in gola che stringe le sue maglie dolceamare proprio perché lo si cela vanamente, nel ritmo morbido e ballabile.

La nuova versione di Contrada chiavicone, ammaliante come se fosse suonata da un incantatore di serpenti, appare frenetica e cinematografica, mentre Gymnastika (Utrennyaya Gimnastika) di Vladimir Visotzky, poeta, attore e musicista russo già omaggiato in Liveinvolvo (1998), suona ironica e coinvolgente, punteggiata da nascosti inserti italianissimi, come il popolare detto «una faccia, una razza». Il dolore più che mai caposselianamente si fa elegia sorridente inoltre tra le note del piano e quelle sempre più incalzanti di bouzouki, a ritmo di hasapiko, della rinnovata Contratto per Karelias, già composta al rientro da un viaggio a Salonicco; il contrabbasso di Signora luna sa di orchestra folk-rock o, ascoltata la coda strumentale, quasi country-western, mentre come le note di un incantesimo riecheggiano i brillanti virtuosismi di bouzouki elettrico che aprono (nel cosiddetto bas taksim) e costellano la nuova versione di Corre il soldato.

Il celebre rebetiko Misirlou invece risuona sinuoso e suadente, con sonorità esotiche quasi orientaleggianti, ma anche languido e melanconico; d’altronde anche nelle sonorità greche di questo disco si respira profumo di saudade, come dimostra la scelta di declinare in italiano (nel testo) e greco (nella strumentazione) un brano struggente come Canción de las simples cosas, portata al successo da Mercedes Sosa e molto nota anche nella versione di Chavela Vargas, scomparsa ad agosto 2012. Ghost-track, voluta dalla cantante greca Kaiti Ndali, ospite dell’album, ma in fondo anche ideale suggello e ulteriore prova di romanticismo, mascherato dalle ferite e dal ghigno sconsolato del disinganno, eppure cuore segreto della musica caposseliana, è infine una cover di Come prima, resa celebre da Tony Dallara e ora rivista sempre in chiave italo-greca.

Capossela non ha bisogno di eroi omerici: ha la sua musa autentica e personale, quella accorata delle assenze, dei ricordi riflessi in un bicchiere di vino, tra lucciole, candele e morne, tra la «tristezza» della «morte lenta delle semplici cose» (Canción de las simples cosas) e la consapevolezza disincantata che «l’illusione è lusso della gioventù» (Contratto per Karelias). Il Vinicio del suo grande, carezzevole disco greco non è “nuovo”, ma nuovi in qualche modo (e quasi filologicamente, appassionatamente accurati e coltivati in analogico) sono i suoni e viva appare la sua ispirazione emozionale. Contagiosa. 

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In dettaglio

  • Produzione artistica:  Vinicio Capossela
  • Anno: 2012
  • Durata: 01:02:58
  • Etichetta: La Cupa/Warner

Elenco delle tracce

01.Abbandonato

02.Rebetiko mou

03.Gymnastika

04.Misirlou

05.Contrada chiavicone

06.Con una rosa

07.Non è l’amore che va via

08.Contratto per Karelias

09.Corre il soldato

10.Signora Luna

11.Morna

12.Canción de las simples cosas

13.Scivola vai via - Come prima

Brani migliori

  1. Rebetiko mou
  2. Canción de las simples cosas
  3. Misirlou

Musicisti

Vinicio Capossela: voce, piano, ginnastica respiratoria in 04 Kaiti Ntali: voce in 04 e 13 (ghost-track) Manolis Pappos: bouzouki, voce Vassilis Massalas: baglama, voce Ntinos Chatziiordanou: fisarmonica (accordeon) Socratis Ganiaris: batteria, congas, bongos, shakers, bendir, ntefi (tamburello) Alessandro Asso Stefana: chitarra elettrica Glauco Zuppiroli: contrabbasso Marc Ribot: chitarra elettrica in 01 e 02 Ricardo Pereira: chitarra portuguesa in 11 Mauro Pagani: violino elettrico in 06 David Prudhomme: copertina