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Massimiliano D’Ambrosio

Novembre

È un continuo alternarsi di diverse tensioni questo Novembre, terzo disco del cantautore romano Massimiliano D’Ambrosio. Un alternarsi di ballate “politiche” e filastrocche, di brani d’amore e puri divertissement. Una sorta di elastico tra storie private-intime e grandi questioni sociali.

Se negli anni Settanta - si diceva - il privato era pubblico, qui le carte sembrano rovesciarsi e il pubblico diventa privato. Nei momenti più riusciti e ispirati D’Ambrosio riesce così a trasformare un grande e scottante problema storico-politico e sociale in elegia delicata. Accade, per esempio, in Lettera dalla Palestina dove a parlare, anzi a scrivere (alla madre) è un soldato israeliano diventato obiettore di coscienza. In un rovesciamento di prospettiva interessante (di solito il conflitto israelo-palestinese è visto attraverso gli occhi degli arabi) D’Ambrosio non racconta ma evoca, non descrive ma suggerisce: “Queste lacrime di argilla e fango/ questa polvere che elimina i colori/ queste donne barcollanti e in terra/ me le porto, madre, nei polmoni”.

Qualcosa di simile accade in Jesus in cui a parlare non è il Gesù figlio di Dio, ma più semplicemente il Gesù uomo: “A volte penso con nostalgia/ all’odore della falegnameria”. In questo caso, però, l’originalità scema perché l’argomento è stato già trattato da altri cantautori. E forse qui – nel riferimento alle volte davvero troppo scoperto ai propri “maestri” - che il lavoro di D’Ambrosio mostra qualche crepa. Così accade che Scese lenta l’ultima neve in cui si rievoca la drammatica vicenda di Stefano Cucchi (massacrato in una cella di prigione da alcuni poliziotti) risulti davvero troppo pericolosamente vicina (nella struttura armonica e ritmica) a Canzone del padre di De André. E così anche la citazione deandreiana “Non mi prese la morte, ma le guardie balorde” che in altro contesto avrebbe potuto reggere (la canzone trae ispirazione dal libro 'Non mi uccise la morte' di Luca Moretti e Toni Bruno) qui rischia di diventare ridondante. Altro “tributo” al De André (e al Bubola) di Volta la carta è poi Aprigli la testa. Mentre l’incipit di Rosa (peraltro una delle canzoni più riuscite) paga un forte tributo a Princesa (e nella parte di fisarmonica a Sotto le stelle del Messico a trapanar di De Gregori). Sospettiamo sia una sorta di retaggio, un rimando più inconscio (per i troppi ascolti) che studiato che rischia, però, di appesantire un lavoro che invece in alcuni punti risulta più che convincente, come ne La ballata delle donne, tratta da una famosissima poesia di Edoardo Sanguineti.

Al proposito molti sono i rimandi e i riferimenti culturali che stimolano il cantautore romano dal già citato Sanguineti a Cummings, da Borges a Garcia Lorca. Davvero ispirati e di ottima fattezza i testi che presentano un lessico medio alto e diversi stratagemmi stilistici (per esempio le anafore) che impreziosiscono la struttura testuale.

 

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In dettaglio

  • Anno: 2012
  • Durata: 45:46
  • Etichetta: Latlantide

Elenco delle tracce

01 La ballata delle donne

02 Lettera dalla Palestina

03 Rosa

04 La sfida

05 Aprigli la testa

06 Scese lenta l’ultima neve

07 Novembre

08 Jesus

09 I re del mazzo

10 Requiem

11 Amore a dieci euro

 

Brani migliori

  1. La ballata delle donne
  2. Rosa

Musicisti

Fabio Fraschini: Basso -  Giampaolo Rao: Batteria -  Davide Vaccari: Chitarre -  Giorgio Maria Condemi: Chitarra elettrica -  Ludovica Valori: Bombardino e trombone -  Desiree Infascelli: Fisarmonica -  Alberto Popolla: Clarinetto -  Cristina Romagni: Violino -  Valter Dadone: Corno francese -  Vanessa Cremaschi: Violino -  Nora Tigges: Voce -  Massimiliano D’Ambrosio: Chitarra acustica