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Piero Brega

Mannaggia a me

Quando si arriva alla maturità, o ci si accorge malamente della propria incompleta finitezza amareggiando quel che resta del giorno o ci si accetta con un accenno di benevola condiscendenza valutando preziosa la propria condizione umana. In questo caso lo si fa cercando di trarre il massimo conforto dall’effimera bellezza carpita al tempo attimo per attimo, valorizzando al massimo il processo creativo intorno alla propria opera, resistendo all’omologazione imperante.

In questo secondo gruppo di varia umanità, certo meno numeroso, si trova Piero Brega, a suo tempo giovanissimo fondatore di uno dei gruppi più importanti nel panorama del recupero evoluto della tradizione e del folklore musicale italiano, il Canzoniere del Lazio. Dal 1972 al 1976 infatti, con l’aiuto di Alessandro Portelli, passerà con questa formazione dalla fedele riproposizione del patrimonio orale fondamentale del centro Italia alla sua rilettura in chiave progressiva e jazz, fino alla scrittura ex novo di brani secondo stilemi popolari fortemente contaminati e politici, per meglio cogliere, della “storia”, il senso e il valore del procedere, tra permanenze e trasformazioni. Non meno importante, nel 1978, il capitolo Carnascialia, un supergruppo composto dalle migliori personalità musicali dell’epoca, dallo stesso Brega a Stratos, Pagani, Giammarco, Rea, Minieri, che realizzerà un solo omonimo album, indispensabile e seminale.

La carriera solista di Piero Brega (più sotto in una foto di Cristina Canali) è la carriera di un uomo libero, indifferente alle logiche del mercato discografico, attento solo all’essenziale e al valore effettivo della creazione. Questo terzo album, Mannaggia a me e realizzato a fine 2020, arriva a ben dodici anni dal precedente, ma come quello risulta subito necessario. È a suo modo un concept dove ricorrono i temi dell’inadeguatezza di vivere nella società; della resistenza culturale e sociale contro la frammentazione individuale in un mondo ormai allergico al sentire “rosso”, quasi affetto, dall’89 a oggi, da protanopia; della sensazione di solitaria deriva dove resta fondamentale l’umana consapevolezza; della marginalità ricercata, vissuta senza affanno e affrontata con determinata accettazione.

 

Il mare è metafora ricorrente: nel Vecchio marinaio senza mare, scritta a quattro mani con Adriano Martire, si fa richiamo nell’assenza, è il non luogo degli “spostati”, l’indeterminato di chi si sente sempre fuori contesto, cosciente della propria pochezza ma anche del miracolo dell’esserci, con la necessità di divorare la vita fino all’osso mantenendo la capacità di “guardare le nuvole in cielo passare e con le mani quasi a sfiorare l’idea che non si lascia afferrare”; In mezzo al mare ci si sente minuti, soli, sperduti, e ci salva solo l’immortale capacità di percepire quella “piccola e forse inutile felicità di accettarsi per quello che siamo”, malgrado Il tempo arido che nasconde le tessere colorate della strada mosaico che conduce all’isola che non c’è; sono un mare anche i Centomila pensieri che fuggono per non lasciarsi svuotare con troppe parole in un viavai frenetico, per citare Kavafis; un mare è la folla che si riversa dalla metropolitana a sovrastare, “con facce di fastidio e schifo” e un malcelato timore per un fosco futuro, il tumulto delirante e urlato di tre barboni nella title track.

Momento tra i più alti dell’album l’epica ricerca di perdono spirituale della atemporale San Basilio, adattamento da Jacopo da Varagine, potente, con un acido solo dell’elettrica di Piccinini. Roma è l’ambientazione di molte scene raccolte qui, sparse tra le liriche tante le tronche in vernacolo e le frasi idiomatiche, tanti i protagonisti fuori schema come Triangoli quadrati mentre alle immagini partecipate della vita di stazione si contrappongono le desolate e oscure borgate ai margini della città, tra i lividi e i livori di una Strada scura dove muore bruciando la vitalità dell’unica libreria che citava Dick nel logo.

La musica è svincolata dai generi, omogenea nella piacevolezza dei suoni, dagli ornamenti barocchi al blues, dal folk allo swing, con gli interventi inusuali di oboe e corno inglese di Oretta Orengo, la fisarmonica di Francisci, il fagotto della Pizzolato. Piero Brega, doppiato ogni tanto da Oretta, canta con godimento e partecipazione. Bella la confezione, come da tradizione “Squilibri”, con i disegni di Marco Brega e l’approvazione narrativa di Giovanna Marini.


 

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In dettaglio

  • Anno: 2020
  • Etichetta: Squilibri Editore

Elenco delle tracce

01. Il sorriso di un pensatore

02. Triangoli quadrati

03. Mannaggia a me

04. Strada scura

05. Gelosia

06. Sono un vecchio marinaio senza mare

07. In mezzo al mare

08. Tempo arido

09. San Basilio

10. Dal lago della giovinezza

11. Centomila pensieri fuggono

Brani migliori

  1. Il sorriso di un pensatore
  2. Mannaggia a me
  3. San Basilio

Musicisti

Ludovico Piccinini (chitarre, charango)  -  Emanuele Marzi (basso)  -  Piero Fortezza (batteria)  -  Luciano Francisci (fisarmonica)  -  Oretta Orengo (oboe, corno inglese, canto)  -  Piero Brega (canto, chitarra)