«Gli aspetti meno belli del mondo che ti circondano non fanno fatica ad imporsi alla tua attenzione se sei sveglio: viviamo tutti in Salento, e ci piacerebbe cantare solo di mare, di sole e di belle ragazze, ma purtroppo non ci riusciamo. Non sarebbe onesto, perché – come gruppo – certe cose le sentiamo in maniera corale, ed è impossibile tenerle nascoste».
Così affermano in un’intervista gli Après la Classe, e da queste parole è facile comprendere come il loro Luna Park sia un luogo che, come in alcuni film, sembra celare una seconda anima oscura e tutt’altro che divertente. Ma in realtà il terzo disco del gruppo salentino è anche un lavoro divertente, che non rifiuta sonorità solari e ballabili al fronte di una libertà – d’espressione, prima di tutto – davvero notevole. E su questo equilibrio (ragionare ballando) nascono tutti i dodici brani dell’album, che alterna sguardi sarcastici e precisi sulle cose del mondo (l’incipit de La Grande Mela) ad episodi più intimisti in cui il passo è però sempre movimentato da ritmi raggae e ska (Vorrei sapere perché).

Forte come sempre, sia nei suoni che nelle tematiche, il riferimento alle radici salentine e al Salento come possibile Giamaica d’Italia, suggellato qui da pezzi quali Non resterà niente, I pirati neri e soprattutto Marie, che vede la partecipazione dei Sud Sound System. Quello degli Après La Classe è però un attaccamento alle radici che si apre al mondo, sia nelle sonorità transoceaniche sia nell’utilizzo della lingua francese quando i ritmi rallentano e l’atmosfera è la stessa che porta fino all’alba dopo la danza (Et un ete ancore e la stessa Marie). Vedasi  a questo proposito anche il nome del gruppo quantomai esemplificativo.

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