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Hibou Moyen

Lumen

Hibou Moyen, all’anagrafe Giacomo Radi, torna con Lumen, il suo terzo lavoro a distanza di quattro anni dal precedente Fin Dove Non Si Tocca, rinnovando la collaborazione con l’etichetta Private Stanze. L’asso nella manica di Hibou Moyen (un nome che in francese significa “gufo comune”e che rimanda alla passione di Giacomo per le scienze naturali) è la poetica sognante e surreale. Testi dolcissimi che ci trasportano in universi paralleli, fatti d’immagini evocative e incontri inaspettati tra parole, che da sempre caratterizzano il modo di scrivere di Giacomo.

Per l’ottimo album precedente Radi si era avvalso della collaborazione in veste di produttore di Umberto Maria Giardini. Questa volta prende le redini del suo percorso musicale vestendo i panni del produttore artistico, affiancato da Andrea “Duna” Scardovi. Per quanto difficile la sfida potesse sembrare visto l’alto livello già raggiunto, Hibou Moyen porta il suo modo di comporre un passo ancora avanti, complice un grandissimo lavoro fatto sui suoni e sugli arrangiamenti. Cantautorato è una definizione che gli va stretta. Per quanto si senta in sottofondo l’influenza dei cantautori italiani, da Endrigo a Tenco passando per Battisti, Lumen è un disco intriso di psichedelia, progressive, indie folk.

Un album “alla vecchia maniera” per il modo in cui è suonato e per come cerca di trarre il meglio dagli strumenti utilizzati e dai musicisti coinvolti, ma anche per il gusto vintage di certe scelte, dalla registrazione su nastro ai suoni di piano rhodes e mellotron. Al tempo stesso, è un album estremamente contemporaneo, che rappresenta una proposta originale e riconoscibile nella scena della musica d’autore nostrana. 

Il disco ci accoglie con un incipit alla Strawberry Fields Forever : sono le prime note di Uragano, beatlesiano brano di punta di Lumen. La successiva Gli scheletri delle comete lascia spazio a graffianti influenze rock blues. Una certa ampiezza sonora caratterizza anche l’efficace Bambina vipera. Ogni brano ha qualcosa per cui farsi notare: l’accorato ritornello di Ogni Buio, la dolcezza guidata dal pianoforte de L’Eruzione, la penetrante nostalgia di Era Estate, l’(apparente) linearità chitarra e voce dell’incipit di Ruggine dei campi che poi evolve in un piccolo microcosmo sonoro, il grido viscerale di Serotonina, le aperture verso il cantautorato più classico di Martha, le spiazzanti parole dell’inizio di Avaria (“in quest’epoca di monchi/teniamoci la mano per sentire che esistiamo”), il conclusivo mantra folk ipnotico di La Preghiera dei Lupi sospeso tra percussioni e violoncelli.

Una proposta, quella di Hibou Moyen, che meriterebbe davvero più attenzione nella scena nazionale.

 

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In dettaglio

  • Produzione artistica: Giacomo Radi e Andrea “Duna” Scardovi
  • Anno: 2020
  • Etichetta: Private Stanze

Elenco delle tracce

01.Uragano
02. Gli scheletri delle comete
03. Bambina vipera
04. Ogni buio
05. L’eruzione
06. Era Estate
07. Ruggine dei campi
08. Serotonina
09. Martha
10. Avaria
11. La preghiera dei lupi

Brani migliori

  1. Uragano
  2. Gli scheletri delle comete
  3. L’eruzione

Musicisti

Giacomo Radi: Voce, Chitarra acustica, Chitarra elettrica, Basso, Synth - Nico Pistolesi: Piano Rhodes, Organo Hammond, Mellotron, Pianoforte - Giuliano Franchi: Chitarra elettrica - Stefano Giuggioli: Batteria, Percussioni
Ospiti:
Davide Canalini: Basso - Nicola Nieddu: Violino, Viola - Antonio Cortesi: Violoncello