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Olden

L'amore occidentale

Perugino per nascita, a Barcellona da anni per scelta, Davide Sellari in arte Olden (tra gli altri riconoscimenti, anche semifinalista del Premio L'Artista che non c'era, edizione 2015) è una di quelle voci che meritano ascolto. Lo scorso 22 ottobre, in occasione del Premio Tenco 2015, ha presentato il suo nuovo EP: sei brani che fanno parte della memoria anarchica e anti-militarista, registrati durante lo spettacolo “Storie e Amori di Anarchie” (messo in scena dal Club Tenco e Barnasants in Italia e a Barcellona nel 2014), tranne il brano La Classe, registrato in occasione di una serata della precedente edizione del Tenco (2014).
Il comunicato stampa di presentazione de L'amore occidentale lo introduce come «personale resistenza al dolore, un'alternativa all'accettazione dei valori occidentali».

E se è questo il mondo occidentale nel quale sopravviviamo, che sguazza in continue ipocrisie, che ha fatto del dolore la fetta di pane quotidiano con la quale sfamarsi, e impone come principale regola di convivenza un passivo consenso, ecco che allora sì, tornare a dar voce a questi canti anarchici può fregiarsi dell'appellativo di “resistenza”, seppur individuale. Sei brani, da La Classe (titolo originale Nasza Klasa, del cantautore polacco Jacek Kaczmarski) tradotta dal cantautore Alessio Lega; a Addio a Lugano, dell'anarchico Pietro Gori (sull'aria della canzone popolare Addio a San Remo bella); a Gorizia tu sei maledetta, canto anonimo antimilitarista sulla battaglia di Gorizia del 1916; a Sacco e Vanzetti, canto anarchico già reinterpretato da molti (su tutti ricordiamo Francesco De Gregori e Giovanna Marini nell'album Il fischio del vapore) con a chiudere La canzone del Maggio di Fabrizio De André (con parte del testo tradotto in catalano). Ad aprire l'EP il brano La casa che non c'è, che invece chiudeva il lavoro precedente di Olden, Sono andato a letto presto del 2014 (sì, se il titolo vi richiama alla mente Noodles e C'era una volta in America, non vi state sbagliando).

Torniamo un istante indietro, a quel disco, che aveva visto la preziosa partecipazione di musicisti quali Juan Carlos “Flaco” Biondini (storico chitarrista di Guccini) e Sergio Reggioli (Nomadi), un album con undici brani che trasudavano cantautorato, l'ironico e giocoso di Gaber, l'eco forte di De André, e del suo modo unico di parlare d'amore, in brani come Febbraio e Anche un saluto, qualche cenno all'uso della chitarra e della caratterizzazione dei personaggi di Francesco De Gregori (in Senatore Bailey e Perla nera); e da queste radici, i rami, personali, unici e con fiori dal buon profumo, sapevano staccarsi senza timori, e con originalità. Ché avere con sé valigie piene di canzoni del passato dei Grandi artisti, non vuol dire affatto restarne imbrigliati e non saper poi prendere una propria strada compositiva, e quel disco ne era la prova.

Olden ha storie da raccontare, e una voce solida, calda, potente, intensa, sempre pulita ma lontana dalla banalità dell'essere perfetta, per raccontarle.

(Foto di Marina Mazzoli e Federico Sponza)

 

 

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In dettaglio

  • Anno: 2015
  • Durata: 23:01
  • Etichetta: Autoprodotto

Elenco delle tracce

01. La casa che non c'è
02.  La classe
03.  Addio a Lugano
04.  Gorizia tu sei maledetta
05.  Sacco e Vanzetti
06.  La canzone del Maggio

Brani migliori

  1. La casa che non c'è
  2. La canzone del Maggio

Musicisti

Olden: voce  -  Rocco Marchi: pianoforte  -  Alessio Lega: chitarra  -  Francesca Baccolini: contrabbasso  -  Enric Colomer: tastiere  -  Jordi Camp: basso  -  Lluìs Ribalta: batteria
Ospiti: Peppe Voltarelli: voce in Addio a Lugano  -  Joan Isaac: voce in Sacco e Vanzetti e La canzone del Maggio