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Marco De Annuntiis

Jukebox all’Idroscalo

Dalla periferia delle periferie, ma con orgoglio e schiena dritta, perché le persone le si valutano non dall’ambiente in cui vivono, ma da come vivono, in quell’ambiente; ed i riferimenti a Ginsberg e Pasolini non sono affatto casuali, perché riguardano soggetti che sono stati in grado di produrre poesia da situazioni spesso al limite, se non oltre, quasi in una reinterpretazione del verso di De Andrè per cui: “…dai diamanti non nasce niente, dal letame nascono i fior…”.

Marco De Annuntiis
ha, non casualmente, intitolato il suo album Jukebox all’Idroscalo, perché l’Idroscalo è ad Ostia, e già abbiamo un connubio fra luoghi non facili, ed Ostia è di fatto periferia di Roma; anzi, una delle periferie, ognuna con una connotazione storica, geografica e sociale differente, ognuna con le sue peculiarità, positive e negative, ognuna con i suoi riferimenti culturali, e questo per dire che fare un tutt’uno dei luoghi che esistono intorno ad una grande città, oltre a non rendere loro giustizia, non aiuta affatto a conoscerli secondo verità. Il jukebox diventa l’oggetto che unisce, che raccoglie persone intorno a sé, il catalizzatore che, fino a qualche tempo fa, attirava le persone, esprimendo momenti di socialità semplice.

Provocatorio? Forse. Irriverente? Si, ma neppure troppo, anche perché i brani di questo lavoro non hanno, per lo meno ad un primo ascolto, un intento sociale o politico, nel senso che rappresentano esclusivamente l’espressione di chi li canta. Ironico, e spesso amaramente: lo si nota ad esempio nel brano Come De Andrè, cantato con un timbro vocale ed una “erre” arrotata che, ad un certo punto, è più Avvocato Agnelli che De Andrè stesso, ed a quel punto scindere sarcasmo da amarezza è davvero difficile. De Annuntiis prende apparentemente a caso oggetti e soggetti che “bazzicano” i suoi luoghi ed attorno ad essi costruisce delle microstorie: Jukebox, Dandy di città, Blues della Renault fanno riferimento a realtà ben conosciute e frequentate mentre altri, come Conigli dappertutto, Borderline, Vita privata di Sherlock Holmes o Shavette (simpatico, il breve riferimento musicale ad Enola Gay) lasciano invece trasparire un pensiero, un ragionamento, una riflessione più sottile che non diventa mai, volutamente, denuncia sociale, ma certo non nasconde un certo disagio, un male di vivere difficile da affrontare a viso aperto o con il quale scontrarsi frontalmente.

Quello che appare in modo inequivocabile è, con un evidente paradosso linguistico, una dimensione sociale assolutamente individuale, come in Io, io, io e gli altri, e questo perché, alla fine, soprattutto in situazioni definibili come marginali, il più delle volte si è davvero da soli, è assai difficile “fare gruppo”, si affronta la vita senza cercare appoggi o sponde. Oltre a sentirsi padroni del proprio destino, si fatica a condividere questo stato di cose, ci si fida poco, magari a causa di traumi antecedenti. Roma non è New York, certo, ma, fatte le debite proporzioni, i racconti contenuti in questo lavoro non sono poi così distanti da quelli che un altro riferimento artistico, Lou Reed, ha imbastito intorno alla Big Apple e neppure da certe narrazioni di Patti Smith, Bob Dylan o dall’approccio musicale e poetico dei Fugs.

Con artisti di questo calibro De Annuntiis condivide il fatto per cui le realtà raccontate sono appunto delle vere e proprie realtà, vissute spesso in prima persona, non fatti o luoghi “strani”, eccezionali o per lo meno inconsueti, ma semplici espressioni della normalità quotidiana. E di fronte ad una realtà come questa, un atteggiamento in un certo senso iconoclasta aiuta davvero a non costruire, e costruirsi, false mitologie cui fare riferimento ed a non edificare idoli a cui delegare il proprio riscatto sociale. Trovare, o ritrovare, della poesia in ambienti del tutto spoetizzati diventa una sorta di esercizio che conduce, se ci si dedica con passione, a creare bellezza visibile a tutti, anche laddove pare non possa esserci posto per essa, a far sì che il bello, proverbialmente invisibile agli occhi, diventi percepibile e condivisibile da un punto di vista, se vogliamo, più spirituale.

 Foto di Lorena Strummer

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In dettaglio

  • Produzione artistica: Luigi Piergiovanni, Marco De Annuntiis, Andrea Cuoco
  • Anno: 2018
  • Durata: 44:09
  • Etichetta: Interbeat/Cinedelic

Elenco delle tracce

01. Jukebox
02. Come De Andrè
03. Dandy di città
04. Conigli dappertutto
05. Blues della Renault
06. Borderline
07. Il primo uomo sulla Luna
08. Vita privata di Sherlock Holmes
09. Shavette
10. Io, io, io e gli altri

 

 

Brani migliori

  1. Conigli dappertutto
  2. Vita privata di Sherlock Holmes
  3. Shavette

Musicisti

Marco De Annuntiis: voce, organo Farfisa, pianoforte, chitarra 12 corde  -  Andrea Cuoco: chitarra elettrica, basso elettrico  -  Jacopo Pisu: basso elettrico  -  Marco Pula: batteria  -  Cristina Romagni: violino  -  Johnny Dal Basso: chitarra  -  Ilenia Volpe: voce