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Diego Bitetto

Il Giardino di Mai

A distanza di alcuni mesi, da quando lo votai tra le Opere Prime del Tenco (anche se dispiace non averlo poi visto nella Cinquina…) trovano conferma le impressioni dei primi ascolti, segno di un’opera pregna di contenuti, ben assemblata nella scelta dei brani, omogenea nella sua continua capacità di piacevoli sorprese, essenziale e avvolgente negli arrangiamenti.
Tanto più che il giovanotto, diplomato al conservatorio di Genova, autarchico per necessità e sfida, se la canta e se la suona tutto da solo, sovrapponendo abilmente i suoni delle tastiere fino ad arrangiamenti arditi e complessi dove tornano ora esplicite ora abilmente soffuse le trame musicali degli studi classici, a sorreggere come dialisepali le poetiche versificazioni del bravo cantautore ligure. La lingua italiana è piegata con abilità ai bisogni, efficace nel descrivere, con pochi arguti incastri, la vitale potenza quasi visiva delle storie narrate.

Il Giardino di Mai è un giardino dei semplici, la variegata raccolta di eterogenee esperienze di vita vera, lette capovolgendo il mitologema platonico della caverna: la proiezione delle ombre ammanta la cruda realtà di un alone di poetica magia che la rende affascinante racconto simbolico. Non a caso tema di un brano sono due famosi quadri di Chagall, ‘La passeggiata’ e ‘Il violinista verde’, dove la felicità e la malinconia diventano nella finzione pittorica crogiuolo di colori e precario equilibrio, elementi che non nascondono la realtà ma la trasfigurano: Alla mostra di Chagall / quanta gente capirà / che dietro alla vita su tela / c'è la vita vera / del tempo che va? / Che viversi senza paura / è l'unica misura / della nobiltà?”

 

Del resto, l’intento è ben inserito nel primo brano di questa raccolta, Per sempre, dove lo spaesamento dovuto alle contingenze rende l’autore disagevole alla sorte “…con questa testa che ho da marinaio / con queste mani che ho da ragioniere / andare dove che volevo andavo / e ogni volta non andava bene...”. Dal forte legame con la nonna nasce invece La donna di Uri, una favola di quasi immortalità, una delicata ballata che merita davvero l’ascolto, che in altri tempi avrebbe fatto la fortuna di qualunque cantautore e alla quale basterebbe qualche buon passaggio radiofonico per guadagnarsi l’alloro. Ma che lo dico a fare.

“Il giardino di Mai” è, nell’omonimo intenso brano, il sogno pacificatore dei figli di un dio minore che, in un mondo che non ha tempo per chi ha problemi di tempo, si trova umiliato, emarginato, messo a lato, e avrebbe solo bisogno della stanza dei mille orologi di Momo. “Ma, per ambire a un luogo / da chiamare finalmente noi, / avrei dovuto aggiungere una "i" / ai "no" abbinati a me”. Bolivar Bridge nasce da un articolo di Cotroneo sulla terribile realtà sudamericana, con le donne costrette, nel migliore dei casi, a vendere la propria capigliatura in cambio di cibo: “Il dolore sarà grande / come un pegno da lasciare / al profitto di chi vende / ciò che paga per tagliare”. Livide esperienze di lavoro si riversano nei brani Millecento e Gian delle finestre, sottopagato in una fabbrica di laminati per il primo, in un laboratorio artigiano a realizzare infissi per il secondo, con un distico che è una piccola perla: “Questi vetri, che ho l'onore di lavare / dalle dita di chi tocca per guardare”.
Chiude l’album, che pur presenta qualche brano in tono minore, La maschera della morte rossa, chiara citazione da Poe, con riferimento a una pandemia di peste che sembra rinnovare, nell’attuale terrore del contagio, la paura generalizzata per “l’altro” impossibile da rifuggire e tenere a distanza.

Cosa ci vuole per riuscire a osservare gli accadimenti della vita con il singolare sguardo di un buon narratore? Una brava maestra alle elementari per instillare inestinguibile amore per la poesia, la determinazione nello studio dello strumento fino a completa padronanza, probabilmente qualche boccone amaro e un cetriolo lavorativo andato di traverso.
Bitetto è bravo e ha solo bisogno di una buona produzione per il prossimo album. Fatevi avanti miei prodi.

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In dettaglio

  • Anno: 2020
  • Etichetta: Autoprodotto

Elenco delle tracce

01. Per Sempre

02. Due quadri di Chagall

03. Corna corna cervo cervo

04. La donna di Uri

05. Il giardino di Mai

06. Nascondino

07. Bolivar Bridge

08. Millecento

09. Gian delle finestre

10. Onoterapia

11. Il paroliere

12. Il gatto del pianista

13. Donna fortuna

14. L’amore che toglie

15. La maschera della Morte rossa

Brani migliori

  1. La donna di Uri
  2. Due quadri di Chagall
  3. Il Giardino di Mai