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Brunori Sas

Cip!

Dario Brunori è oggi quello che Vasco Brondi con Le Luci della centrale elettrica è stato per i cosiddetti anni zero: un rivoluzionario del paradigma, uno che ha in parte ridefinito i confini della cornice di riferimento all’interno della quale la nuova canzone d’autore si muoveva fino a quel momento. Se Brondi lo ha fatto fin da subito con l'impeto innato di un linguaggio fortemente caratteristico, la Brunori sas si è presa del tempo, canzone dopo canzone, arrivando però al medesimo traguardo: la costruzione di una poetica fortemente personalizzata e perciò dai contorni definiti. Una luce accecante nel marasma spesso indistinto di voci e suoni che è la nostra musica mainstream.

Innegabili ed evidenti, per costruzione melodica e tematiche, le sue fondamenta, vale a dire la discografia dei Grandi cantautori dei Settanta, eppure se per i primi tre album del cantautore calabrese trapiantato a Milano, era lecito citare gli echi di Gaetano, Dalla, De Gregori che invadevano le canzoni e l’interpretazione, con A casa tutto bene (2017) e volendo essere più specifici con La verità (brano generazionale e spartiacque della sua carriera) si è passati al di là della barricata. Oggi un brano di Brunori è riconoscibile perché di Brunori, perché l’ha scritto quella penna e non un'altra, perché è cantato con quella cadenza, perché ha quelle rime, perché ha quella costruzione e aggiungo, visto che la canzone d'autore presuppone una messa in scena, perché sul palco è interpretato con quella postura e quella determinata presenza.

Il percorso artistico di Brunori in questi “anni dieci” è stato una parabola ascendente senza battute di arresto, che da quel 2009 ha solo ampliato, approfondito, limato, tutti i nuclei di senso già presenti nel primo disco d’esordio. L’evoluzione artistica ha seguito, apparentemente senza forzature, la naturale crescita umana e ne è diventata specchio, perciò strumento di riflessione. Dai ricordi dell’estate 82 ai film di Fellini con lei a Firenze, al «vivere è come volare, ci si può riuscire solo poggiando su cose leggere», fino a quella canzone da urlare contro la paura; c’è una linea ben visibile, che è temporale e di significato assieme, sulla quale poggia tutta la storia, di un uomo che cresce, matura senza perdere la necessità primaria del gioco (ci vuol costanza ad invecchiare senza maturità, diceva qualcuno), si scontra con le cose del mondo che non capisce, le osserva, ne scruta i dettagli e poi le mette in versi; incontra prima di tutto se stesso e le sue fragilità, prendendosi in giro sempre in bilico tra tenera assoluzione e amara autoironia; va avanti nei suoi passi a tentativi, e nel farlo sa alzare lo sguardo per incontrare e riconoscere gli altri, usando l’ironia come un’arma a salve che mai affonda il colpo ma anzi cura con leggerezza le ferite del nostro essere uomini.

Cip! come una piccola luce fioca da tenere viva ad illuminare le cose negative che ci affaticano la vita e come una dolce malinconia che si appoggia sulla superficie delle nostre gioie, dei nostri effimeri attimi di felicità. Cip! come gli slanci improvvisi verso i noi stessi migliori, verso quello che potremmo essere se solo lo scegliessimo per davvero e come le cadute, i ruzzoloni che fai e ti sbucci le ginocchia e sei pure troppo grande per chiedere a papà di soffiarci sopra e dirti che non ti sei fatto nulla, e smettila di piagnucolare. Cip! con dentro tutti i principi generali dell'esistenza (l'amore, la coppia, la vecchiaia, il futuro, l'empatia, il sogno, l'altro, il rapporto con se stesso, la determinatezza della vita) tradotti in storie quotidiane, in nomi, e luoghi e tempi, odori e cose che puoi toccare, con una trama che sa come tenere tutto assieme: il passato per come è stato e il futuro per come si vorrebbe che fosse.

Cip! è il quinto disco di Dario Brunori, contiene undici tracce, due i singoli usciti per presentarlo (Al di là dell'amore e Per due che come noi), a marzo parte in tour per i palazzetti di mezza Italia. Ascoltatelo e, se potete, andate a sentirlo dal vivo.

Qualche anno fa vidi Brunori in uno spettacolo che mescolava canzoni a suoi monologhi, lo ricordo tra lacrime di risate e commozione. Perché è un artista che sa riempire il palco della leggerezza di Calvino, quella che ti fa planare sulle cose dall'alto, dove la superficialità non trova mai spazio, dove le cose importanti della vita le dici sorridendo, dove per sopportare il dolore ci scherzi su, e per trascinare i macigni del tuo cuore, usi l'autoironia. Se la strada futura di questo prezioso artista prenderà ancora qualche deviazione verso il teatro-canzone, la nostra generazione avrà il suo Gaber.

Foto di Giuseppe Verrini

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In dettaglio

  • Produzione artistica: Dario Brunori e Taketo Gohara
  • Anno: 2020
  • Etichetta: Picicca

Elenco delle tracce

1. Il mondo si divide
2. Capita così
3. Mio fratello Alessandro
4. Anche senza di noi
5. La canzone che hai scritto tu
6. Al di là dell’amore
7. Bello appare il mondo
8. Benedetto sei tu
9. Per due che come noi
10. Fuori dal mondo
11. Quelli che arriveranno

Brani migliori

  1. Mio fratello Alessandro
  2. Per due che come noi
  3. Quelli che arriveranno

Musicisti

Dario Brunori: Voce, Piano, Chitarre Acustiche ed Elettriche; Simona Marrazzo: Cori e Percussioni; Mirko Onofrio: Flauto, Vibrafono, Marimba e Cori; Dario Della Rossa: Toy Piano, Clavicembalo, Mellotron, Sintetizzatori e Organi; Stefano Amato: Basso e Violoncello; Massimo Palermo: Batteria; Paolo Malacarne: Tromba Bassa; Taketo Gohara: Sintetizzatori, Percussioni; Niccolò Fornabaio: Sintetizzatori; Edodea Ensemble di Edoardo De Angelis: Archi; Patty Spadafora: Cori; Danielina Capua: Cori; Mauro “Otto” Ottolini: Trombone, Tromba Bassa, Sousaphone; Corrado Terzi: Sax Baritono; Lucia Sagretti: Violino; Mammarella Sas: Cori e Trilli