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Umberto Palazzo

Canzoni della notte e della controra

C’è una scena del film I basilischi (1963) di Lina Wertmüller in cui Antonio, il protagonista, ragazzo di una sperduta provincia del Sud assolato, attraversa la piazza del proprio paesino in campo lungo e va incontro, al centro della stessa, a un bambino; quando Antonio raggiunge il bambino questi inizia a ballare e cantare un twist. Il bimbo è un lampo, un flash accecante e subitaneo che scuote di luce nera la controra, mentre i basilischi – rettili che si crogiolano al sole indolenti – rimbambiscono nell’offuscato incantesimo del caldo da primo pomeriggio del Sud; è un abbaglio luminoso nella notte, nell’ora delle fate e dei vampiri. Teniamolo a mente questo bambino, tornerà utile alla fine della recensione.

Il disco Canzoni della notte e della controra (Disco Dada, 2011) è il primo da solista di Umberto Palazzo,già fondatore dei Massimo volume e poi leader di Santo niente e Santo nada. L’album è suonato quasi interamente da Palazzo, che fa da cantante, musicista e fonico. Parola all’autore: «L'idea di base è quella di fare un disco pre-rock, una specie di what if rock never happened». Atmosfere arcaiche dunque, che azzerano del tutto la dialettica dell’indie rock (che, a ben vedere, non è libertà/coercizione discografica, ma modernismo/post modernismo: quindi fine di un’evoluzione linguistica dell’arte, del formalmente bello) e ci fa fare un poderoso salto indietro nel modernismo. Il disco in effetti si occupa di una palingenesi e descrive atmosfere allucinate e fiammeggianti, bruciate e arse o offuscate, come già accade nella prima traccia Terzetto nella nebbia, quando il viaggio comincia e viene descritto l’ignoto nei versi «Povero stupido/ quante cose che non sai». È l’avvertimento, l’inizio di un percorso in bilico tra allucinazioni e miraggi, che descrive le origini: le proprie, cioè quelle di Palazzo, e quelle ancestrali, per le quali possiamo citare un'altra fonte cinematografica, forse inconscia all’autore: Il fiore delle Mille e una notte, di Pasolini, giusto per capire l’atmosfera embrionale e primigenia richiamata dal Sud del mondo, rituale, grembo di ogni vita.

Chitarre elettriche mai distorte (vero e proprio intercalare del disco), batteria assente (presente solo in La controra), percussioni sempre preindustriali, naturalismo etnico nelle atmosfere calde e assolate, tutto disegna uno scopo preciso che in canzoni come La luce cinerea dei LED, Metafisica, La controra, descrive un passaggio – notturno o arso dal sole – in un mondo immateriale, deformante e abbacinato da età dell’oro.

Ecco: queste atmosfere sono quelle delle province del Sud. Parole e musica descrivono la spossatezza indolente, persino la non-vita di quelli a cui a volte «manca/ la casa lontana» (sono versi che Palazzo fa cantare alla voce di Tying Tiffany alla fine de L’acchiappasogni), però violentata dal bambino di cui parlavamo all’inizio, dalla «Madonna dei pensieri in fiamme» dell’ultimissimo verso cantato da Palazzo, forse dalla dedicataria Anita: è questa la scintilla creativa che tuona – scalza, fragile e fiera – in mezzo alla bufera, contro la tristezza come fosse un contrattempo, che irrompe nella melma della notte e della controra e per la quale vale la pena farsi annientare, per rinascere e riformarsi.

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In dettaglio

  • Produzione artistica: Umberto Palazzo
  • Anno: 2011
  • Durata: 38:47
  • Etichetta: Disco Dada

Elenco delle tracce

01. Terzetto Nella Nebbia

02. La Luce Cinerea Dei Led

03. Metafisica

04. Cafè Chantant

05. La Marcia Dei Basilischi

06. Aloha

07. Luce Del Mattino

08. La Controra

09. Acchiappasogni

Brani migliori

  1. Metafisica
  2. La controra
  3. Acchiappasogni

Musicisti

Sandra Ippoliti: voce in 1, 2 e 3 Luca D’Alberto: violectra in 4 Gianluca Schiavon: batteria in 8 Tying Tiffany: voce in 9