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Riparte Gong-oh! e L’Aquila con lei: seconda giornata

Queen in Rocks, lo storico incontro tra Mogol e il Club Tenco e Il mi ritorna in mente

Si strappa un foglio dal calendario, e il sabato ci accoglie arcigno con la stessa indeflettibile pioggia del giorno prima e noi, sotto capienti ombrelli, ci si destreggia fra i luoghi degli eventi, non troppo distanti tra loro.

Si parte alle 16 da Palazzo Di Paola, con la presentazione dell’enciclopedico Queen in Rocks – Tutte le canzoni dalla A alla Z, di Marco Di Pasquale (Arcana Editrice), compendio analitico della produzione del celeberrimo gruppo rock, canzone per canzone, vera chicca per gli appassionati della band londinese, presentazione inframezzata dall’esecuzione virtuosa di alcuni loro celebri brani, a cura di Simone Di Michele (pianoforte e voce) e Fabio Di Matteo (violino). Appena il tempo di trasmigrare nel foyer dell’Auditorium, e ha inizio un incontro che non esitiamo a definire storico nel panorama della musica italiana d’autore: il Club Tenco, rappresentato da alcuni membri del Direttivo incontra, per la prima volta, Giulio Rapetti, alias Mogol, personaggio che non ha bisogno di presentazioni, avendo costellato di successi per più di cinquant’anni la produzione discografica del bel Paese, in qualità di autore di testi di grandissimo successo per molti interpreti di primo piano. Non può sfuggire a nessuno il lungo e fruttuoso sodalizio artistico con Lucio Battisti, a cui si aggiungono i suoi testi interpretati da Cocciante, Mina, Zucchero, Mango, Gianni Bella, Celentano, Tozzi e molti altri. 

Eppure, tra questa eminenza della canzone italiana ed il Club Tenco, istituzione prestigiosa che dai primi anni Settanta tutela e promuove la canzone d’autore italiana, sono corsi lunghi decenni di reciproca indifferenza, quando non di sottaciuta diffidenza. E qui, a L’Aquila, in un pomeriggio di novembre, si è rotto il ghiaccio, rappresentando le due parti le reciproche motivazioni di questo ricorrente ignorarsi a vicenda. Al tavolo del confronto hanno preso posto, oltre a Mogol, Sergio Sacchi in rappresentanza del Club Tenco, il professor Angelo Valori, musicista, compositore, direttore d’orchestra e docente di popular music al Conservatorio di Pescara ed al C.E.T. (la scuola di alta formazione musicale fondata da Mogol) e, in qualità di moderatore, l’infaticabile direttore artistico della manifestazione, Paolo Talanca, giornalista, scrittore, docente e critico musicale.

Apprendiamo così che Lucio Battisti, una volta all’anno, incontrava Mogol e gli consegnava tutta la musica da lui composta per l’album in uscita, sulla quale l’autore “cuciva” i suoi testi, sforzandosi di comprendere dalla melodia quali fossero le parole, le tematiche, le atmosfere più adatte per realizzare la complessa alchimia di ciascun brano. Apprendiamo della saettante rapidità con la quale l’ispirazione e l’immaginazione dell’autore prendevano possesso del materiale (testualmente: da venti minuti a un’ora) restituendo la canzone finita, pronta per essere incisa. Ma anche aspetti più intimi e personali della gioventù di Giulio Rapetti, dei primi lavori all’ombra del papà Mariano, dirigente della casa editrice musicale Ricordi, del suo vissuto con gli artisti del tempo, fra i quali Luigi Tenco, descritto affettuosamente in tutta la sua insicurezza giovanile, residente in una pensione a Milano, a quindici metri dal suo ufficio, negli anni dei suoi difficili esordi, disseminati dai dubbi artistici, dalla lontananza da casa, dalla solitudine. Che sì, certo, col passare del tempo si era un po’ meravigliato di non aver mai potuto incrociare il percorso del Club Tenco, ma intanto lui “lavorava tanto” e proseguiva per la sua strada e, se la sua strada lo portava a consegnare ogni anno al Festival di Sanremo i futuri successi che avrebbero fatto canticchiare gli italiani per un anno, e venduto milioni di vinili, accettava come una naturale conseguenza che all’anti-festival del Premio Tenco, da lui erroneamente ritenuto un’emanazione familiare dell’artista scomparso, ci si ostinasse a non invitarlo neppure per una bicchierata.

Tocca a Sergio Sacchi spiegare la ragioni di questa distanza, e lui lo fa con pacato rigore cronologico, ripercorrendo le tappe salienti della fondazione del Club Tenco ad opera di Amilcare Rambaldi, della sua passione per quella nuova generazione di cantautori un po’ tristi e fuori posto, spesso poco fotogenici, che con grande sforzo e modesti risultati provava a cambiare il linguaggio ed i temi della canzone italiana del tempo, cantautori come Guccini, Ciampi, Vecchioni, che un articolo di stampa definì “bravi, ma chi li vuole?” e Amilcare rispose che lui sì, lui li voleva, e così nel 1972 nasceva il Club Tenco di Sanremo, partivano i primi concerti e, nel 1974 la prima Rassegna della Canzone d’Autore italiana, con artisti come Gino Paoli, Francesco Guccini, Roberto Vecchioni, Angelo Branduardi, Antonello Venditti, Ivan Graziani. Ma Sacchi spiega anche che il compito istituzionale del Club Tenco è sempre stato quello di supportare, promuovere e dare spazio e visibilità artistica a quegli artisti che faticavano a trovarne nel mainstream della canzone commerciale e di consumo, mentre realtà artistiche di primo piano come il connubio Battisti-Mogol godevano di un tale straordinario successo, di una consolidata popolarità, di dati di vendita eccezionali, di presenze televisive frequentissime, e certo non avevano alcun bisogno di essere supportati dall’organizzazione del Tenco. Non il disconoscimento delle qualità artistiche ed autoriali di Mogol, tutt’altro, ma il bisogno, calandosi anche negli umori sociali e musicali del tempo, di promuovere una nuova e diversa sensibilità nel modo di fare canzone, dei temi ai quali attingere, del pubblico a cui riferirsi, che non poteva coincidere esattamente con i fruitori dei successi festivalieri. 

E, posto che il discrimine non è la qualità del lavoro di Mogol, e neppure il fatto che lui non suoni e non canti le canzoni, ma ne componga i testi, arriva ad ipotizzare che, in simmetria ai riconoscimenti annuali già previsti dal Club Tenco per “i suoni delle canzoni” riservati ai compositori musicali, ed all’operatore culturale, destinato a personaggi che si sono distinti nel campo della promozione della cultura, della storia e della didattica musicale, possa in un futuro non lontano essere riservato uno specifico riconoscimento agli autori delle parole. Paolo Talanca chiude l’interessante confronto augurandosi che, dopo questo reciproco riconoscimento, le strade del Club e quelle di Mogol, e della sua prestigiosa scuola di alta formazione musicale possano trovare ambiti ed occasioni di collaborazione, per il futuro e per la crescita della canzone d’autore. L’Aquila come Teano, non ci sono scorte e cavalli, e nessuno rivendica un regno, ma il clima è quello di un incontro fruttuoso. Si vedrà.

Appena il tempo di andare a cena, e alle 21 l’Auditorium del Parco, gremitissimo e festoso, accoglie Mi ritorna in mente – Le canzoni di Mogol, spettacolo con Mogol e Medit Voices, un ensemble di sedici elementi diretti dal maestro Angelo Valori, che hanno interpretato alcuni fra i maggiori successi scritti dall’autore per Lucio Battisti e non solo, inframezzati dai ricordi e dagli aneddoti dell’autore, stimolati dagli spunti di Talanca, abile maestro di palazzo. Passano, tra gli applausi scroscianti del pubblico, Si, viaggiare, I giardini di marzo, l’Arcobaleno, Neanche un minuto di “non amore” ed altre ancora. Una serata di successo e di successi, si suggestioni e poesia, dopo la sostanza e la storia ripercorsa in pomeriggio. S’è fatta notte piena, cala il sipario sulla seconda giornata di Gong-oh!. Applausi.

Foto di Domenico Gualtieri


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