Biagio Antonacci
Seguendo un andazzo che sembra
essere la moda del momento, anche Biagio
Antonacci ha sfruttato il connubio “cantante da major” – “gigante
dell’editoria” per dare alle stampe la sua prima fatica letteraria con
Mondadori. Se ami devi amare forte è
il risultato: non si tratta di un romanzo né tanto meno di un racconto, ma,
come sapientemente descritto nel risvolto di copertina, è un libro che “ha la
forma e i contenuti di un diario di
viaggio dentro se stesso. E che, come tutti i diari, è composto di intimità
preziose, slanci di poesia e considerazioni sull’esistenza”. Per le prime 126 pagine
– ben più di metà – leggiamo pillole di Biagio-pensiero sul suo rapporto con
l’amore e con le donne, scritte con un linguaggio talmente “giovane” che è
impossibile non confrontarlo con l’età anagrafica dell’autore. E questa scelta
stride anche con i frammenti di sue canzoni disseminati qua e là, che pure, a
suo tempo, mi emozionavano, e sapevano farlo anche bene.
Magari il nostro si sente un
eterno Peter Pan, in bilico se non è libero di volare, ma, a meno che non si
tratti di una sua affezionata fan, al lettore poco importa (o poco resta) di concetti
che spesso e volentieri scadono nel banale.
Da pagina 129 in poi, dopo un discutibile – se non
consideriamo le scelte di marketing cui si fa cenno all’inizio – inserto
fotografico che coglie Biagio in momenti “intimi” della sua quotidianità, la
lettura diventa un po’ più piacevole perché si sposta su argomenti che
finalmente esulano dalle avventure sessuali o dalla filosofia spiccia sulle
donne e sul come conquistarle.
Qui leggiamo un Biagio
sinceramente tenero, che racconta il suo legame con un padre tenuto a volte
troppo a distanza e, parallelamente, il suo essere a sua volta genitore fortemente
unito ai suoi figli, le uniche persone da cui «non sarò mai capace di
scappare... loro sono le persone che davvero, più di tutti, inseguirei, se ce
ne fosse bisogno». Senza tralasciare l’analisi delle difficoltà legate agli
esordi, quando era il geometra che guadagnava, e non il cantante.
Insomma, un volume nato per
essere letto – e acquistato – dal pubblico femminile di Antonacci, quello
stesso pubblico che da fan vuol carpire tutti i più intimi pensieri del proprio
idolo. Ma è un libro che qui si ferma, senza infamia e assolutamente senza
lode. Forse preferiamo le sette note.