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Domenico Di Virgilio-Luigi Di Tullio

Nuovi canti della Terra d’Abruzzo

Ci sono due modi per trattare la materia popolare: quello d’indagine e registrazione, come mera proposizione di uno studio condotto sul campo; la riproposizione in forma innovativa di quegli elementi già studiati da altri in modo consolidato. Domenico Di Virgilio e Luigi Di Tullio collocano i loro Nuovi canti della Terra d’Abruzzo decisamente nel secondo modo, come un pilastro atlantideo che deve sorreggere un timpano mondiale, il peso dei nostri padri che ci consegnano l’onere di una materia informe che vorrebbero non farci toccare.

E gli autori sono proprio dei bambini cattivi che mettono le mani dappertutto e coinvolgono tutta l’Italia a farlo: è stato chiesto a compositori non solo abruzzesi, di arrangiare e riprogettare alcune melodie popolari selezionate per farle eseguire a cori professionali di vario livello. Un modo costrittivo come un altro che, come una gabbia metrica capace di esaltare la poesia nelle costrizioni guizzanti, riesce a esaltare nella sua forma un contenuto già espresso in nuce, ma poco sviluppato nella mera ricerca.

Più che un libro sulla tradizione popolare abruzzese, è sullo studio di esse quindi. Questo perché solo con la rivitalizzazione delle tradizioni può continuare a rivivere l’arte: solo attraverso le riproposizioni moderne di Sofocle la sua tragedia può continuare a vivere nei nostri gusti mutati ma simili nelle componenti filosofiche universali.

Tutto il resto è filologia, magnifica per gli addetti ai lavori, ma incapace di resistere agli urti barbari della contemporaneità che innocente incombe. Per cui a ben vedere, al di là dei giochi di parole, questo è uno studio di uno studio di uno studio di uno studio: gli autori ci parlano di come i compositori hanno riproposto la loro lettura di cori registrati da altri studiosi, dal famoso Alan Lomax negli anni ’50 allo stesso Di Virgilio degli anni ’90 del secolo scorso. Si recupera così il vero valore dello studio, perché lo studere latino è un desiderare, un tendere a qualcosa, una ricerca del piacere che è soprattutto piacere della ricerca. E non è tutto perché i due CD che corredano il volume permettono agli autori un ulteriore studio di come la tradizione corale contemporanea legga il passato della musica popolare: un accurato commento tecnico, sintetico ed efficace sui rifacimenti dei compositori; per cui il mio ruolo di recensore in tal senso è molto facilitato (inutile, potrebbe dire qualcuno; ma la tentazione di aggiungere un altro tassello studioso è irresistibile, per cui questa mia diventa uno studio alla sesta).

Prendiamo una a caso delle 21 melodie proposte: Lu vache de la live, una breve frase musicale su una corposa canzone da lavoro, quasi un blues all’olio d’oliva che mostra tutta la sua dinamica tra fatica e amore, registrata da Carpitella nel 1970. La riascoltiamo trasformata e attualizzata, seppur con la dolcezza di un coro che vuole restituirci la coralità del lavoro, da Carmine Leonzi e il suo Coro Ars Vocalis di Roseto degli Abruzzi. Ne possiamo confrontare gli spartiti, in cui la poverella canzone popolare si sente schiacciata dalla massa del rifacimento. Ma la scelta degli autori è diversa: sono le registrazioni che sono state rifatte, ed è l’ascolto poi il termine ultimo in cui invece la genuinità del canto popolare non sfigura di fronte alla fatica stavolta fatta dal lavoratore musicista, e da un esercito di voci, per recuperare e trasmettere quel valore archetipico così immediato.

Ma come dicevo di valori ne parlano abbastanza i saggi introduttivi, tra cui una nota personale mi preme di sottolineare la delicatezza di Marco Della Sciucca, con cui qualche anno fa ebbi il piacere di sostenere il mio primo esame universitario di Storia della musica: bravissimo nel sottolineare e sintetizzare le tendenze delle tecniche dei rifacimenti, eleva l’operazione a fase da storicizzare, senza per forza portare Bartok come autorialità che avalla l’operazione, ma sostenendo la forza nelle proprietà intrinseche dei compositori moderni, oltre naturalmente alla realizzazione sonora corale.

Se vogliamo invece trovare per forza una nota dissonante nel godibile volume con CD, è forse nella sua stessa aggregazione corale: anch’io sono abruzzese e so quanto sia difficile cercare di porre all’attenzione del pubblico non solo la musica, ma il teatro, l’arte, la letteratura e tutto ciò che nella maggior parte del resto d’occidente è intrattenimento. Il gusto per il dialetto nella mia terra sta travalicando il suo scopo pasoliniano, o il suo gioco alla Dario Fo: diventa a volte mania di protagonismo, volontà infantile di voler esserci a tutti i costi. E così si è interessati solo se si ha una piccola parte, come nei manifesti delle compagnie teatrali dialettali, in cui i nomi degli attori dilettanti sono più grandi del titolo dell’opera rappresentata.

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In dettaglio

  • Artista: Domenico Di Virgilio-Luigi Di Tullio
  • Editore: Squilibri Editore
  • Pagine: 272
  • Anno: 2020
  • Prezzo: 28.00 €