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Casa del Vento

Quando fischia la sirena

Scambio di mail con Luca Lanzi, voce e chitarra de La Casa del Vento, per indagare uno dei fenomeni più singolari del panorama musicale italiano. La sua band ha da poco pubblicato Articolo Uno, un album emozionante che porta a galla i problemi del lavoro in Italia; ha all’attivo un’intensa attività discografica, partecipazioni e collaborazioni di rilievo - di recente ha diviso lo studio di registrazione con Patti Smith -, e continua a raccogliere stima da parte di una schiera di fan affezionati. Il tutto senza che gli addetti ai lavori e i media nazionali si accorgano granché di loro. Sarà forse perché Lanzi e compagni, oltre a produrre un suono di qualità oltre la media, hanno l’abitudine di puntare il dito proprio lì, sul nervo scoperto della nostra società?


Quanto andate fieri di un album come Articolo Uno?

Più che fieri ci sentiamo onesti come uomini e come musicisti, perché in un periodo dove tutto sembra così vuoto, parlare di lavoro e dell'umanità che lo circonda, è un atto artisticamente coraggioso.

Al di là dei testi, le canzoni dell'album colpiscono per un andamento ben pensato e timbricamente molto vario. In che modo riuscite a incastrare gli strumenti come violino, fisarmonica, mandolino su un setting d'impronta tipicamente rock?

Cerchiamo di fondere varie sonorità e credo che le distanze tra folk, rock e pop non siano così marcate. A volte una canzone necessita di un tipo di arrangiamento o di un altro, certe volte tentare dei miscugli dà degli effetti sorprendenti. Una cosa è certa ed è evidente: non si può definire questo né un disco folk, né rock, né pop, ma un po' tutte le cose.


Come è nata l'idea di dare voce agli operai, alle persone comuni, come interludio tra i brani?

Lo facciamo spesso nei nostri dischi, per noi è un modo per accrescere le emozioni, belle o brutte che siano.


Siete considerati, malgrado una consistente attività artistica, un fenomeno marginale. Cosa vi manca per diventare una realtà maggiormente conosciuta e apprezzata a livello nazionale?

Sarà mica il pudore della musica italiana nel considerarci un gruppo importante? Intendo promoter, festival, giornalisti, qualcuno ha preconcetti assurdi dimostrando superficialità. Qualcuno si è mai veramente fermato ad ascoltare come suoniamo, come scriviamo?


Di recente si è fermata ad ascoltarvi Patti Smith, con la quale avete registrato dei pezzi per il suo prossimo album. Ci parli di questo incontro e di come si è sviluppata la questione?

Ricollegandoci alla domanda precedente. In Italia fai dieci dischi, suoni con un sacco di gente di spicco, quando hai possibilità ti esibisci in grandi eventi come quello del 12 settembre scorso al Mandela Forum di Firenze per Emergency. Nel frattempo hai pochi spazi, i promoter dei maggiori festival non ti includono mai, perché secondo loro non sei "clamoroso", i giornalisti ti considerano poco, il loro ego ha bisogno di ben altro. Poi arriva Patti Smith, si emoziona nel vedere 9000 persone che battono le mani su una tua canzone, ti fa i complimenti, ti contatta, viene un mese dopo da New York ad Arezzo perché vuole che la Casa del Vento suoni due canzoni per il suo prossimo album, che uscirà nel mondo. Ci ha detto: «la vostra capacità di comunicare col pubblico ci accomuna, avete energia, avete un suono bellissimo». Poi abbiamo lavorato alle sue canzoni, lei ha accettato di buon grado il nostro supporto, ha capito la maturità artistica e si è letteralmente emozionata. Perché ci ha ascoltato, perché non ha fatto nessun calcolo. Se invece nella musica italiana, fai tutti i tuoi calcoli, a volte i conti non tornano, perché non si possono calcolare le emozioni. Sarà il caso, per stimolare tutta la musica italiana, che in molti si tolgano il paraocchi?


I testi delle vostre canzoni attingono dai fatti di cronaca e dal malcostume che quotidianamente viene a galla. Vista l'aria che tira potreste quasi comporre un album al giorno. Qual è la via di uscita dal punto di vista sociale?

Credo vi sia la necessità di una ricostruzione culturale. Viviamo in una società volgare e arrogante, piena di ingiustizia. I tagli alla cultura e alla scuola postulano un futuro sempre peggiore.

Il padre di Diego Bianchina, l'operaio recentemente deceduto alla ThyssenKrupp di Terni, ha dichiarato che tra suo figlio e un militare caduto a Nasiriya non c'è alcuna differenza, sono da considerarsi eroi in eguale misura, perché morti mentre svolgevano il loro dovere sul lavoro.
Qual è la vostra posizione a riguardo?

Penso che entrambi devono essere rispettati. Non capisco però l'enfasi dei funerali di Stato, la glorificazione verso chi ha scelto di lavorare in uno scenario di guerra. Questo non significa che io pensi male, credo però sia necessario dare a questi giovani che decidono di partire in certe zone la possibilità di altre occupazioni in Italia, sviluppando certe aree del Paese che dalla crisi sono ancora più in crisi. Se pensiamo ai soldi buttati in queste operazioni, si capisce quanto venga sottratto a
molte altre spese, in primis per la sicurezza nei luoghi di lavoro. E noi questo aspetto lo evidenziamo nel nostro album.


Musicalmente parlando, qual è la soluzione a tutta la superficialità, a quest'apatia compositiva che caratterizza gran parte delle musica italiana da diversi anni?

Credo invece che ci siano tante esperienze interessanti, solo che a queste non viene dato spazio, quindi tutto il mondo della musica e quello intorno ad essa dovrebbe avere un atteggiamento più umile, e ascoltare.


Pippo Pollina, proprio su queste pagine, ha dichiarato che a metà degli anni '80 ha capito cosa si stava verificando e ha preferito andarsene altrove. A voi non è mai venuta l'idea o la voglia di fuggire da questa situazione?

Sì, ci abbiamo pensato. Pensa che qualche tempo fa, il nostro violinista tedesco (Andreas Petermann, ndr), con un altro suo progetto, senza ufficio stampa e con un solo CD autoprodotto, in una cittadina tedesca, hanno fatto 1600 paganti ad un loro concerto. So di Pippo Pollina che tra Germania e Svizzera ha potuto rendere merito al suo percorso artistico.


Quale dovrebbe essere l'articolo 1 di un'ipotetica "Costituzione musicale italiana"?

Sostenere gli artisti meno conosciuti.


Visti da fuori sembrate voi stessi degli "operai musicali", di quelli che lavorano sodo e ai quali la vita non regala niente, per intenderci. Che idea avete dei Talent Show come X Factor e degli artisti che vi partecipano?

Ci fa tristezza pensare che i giovanissimi possano credere che quella sia la musica o un percorso artistico. È solo un piano bar ben confezionato, si fa credere ai potenziali artisti che è solo quello un modo per emergere. E poi queste voci perfette, questi brani smaccatamente commerciali, che poi
così commerciali non sono. Questi ragazzi si illudono che basti andare in televisione per essere poi seguito nei concerti. Ma non è così, se ne sono accorti anche i gestori di club, attratti dal denaro...che hanno fatto dei flop clamorosi! La bellezza, l'emozione vive invece anche in musiche meno banali. In Italia non si sarebbero mai affermati i Tom Waits, Patti Smith e tutta la musica più vera, perché è quasi tutto omologato.

Tutte le fotografie sono di Agnese Rondoni

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