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Canzoni&Parole - Festival di musica italiana ...

  di Annalisa Belluco  ‘Canzoni & Parole’ il festival della canzone d’autore italiana organizzato dall’Associazione Musica Italiana Paris che ha esordito nel 2022 è pronto a riaccendere le luci della terza ...

Gabriella Martinelli

La libertà ha il vestito della festa, Pirandello era un genio

"Voi credete di conoscervi se non vi costruite in qualche modo? E ch'io possa conoscervi se non vi costruisco a modo mio? E voi me, se non mi costruite a modo vostro? Possiamo conoscere soltanto quello a cui riusciamo a dar forma" (Luigi Pirandello, Uno, nessuno e centomila) L'estate pescarese è calda e statica, un po' monotona, forse noiosa, e spinge a rifugiarsi nelle alture poste a protezione del litorale adriatico. Più precisamente ad Atri, antica perla del teramano, che il 31 luglio ha ospitato il concerto di Gabriella Martinelli. La chioma rossa ben accomodata sul fondale di pietra d'Istria di piazza Duomo, dominata dalla basilica di Santa Maria Assunta. Lo scat accennato ai lati del microfono e la formazione (Paolo Mazziotti a basso e cajòn e Gianmaria Melchiorre Ricci a chitarra e pedal steel) hanno bagnano di un accattivante free jazz il disco Ricordati di essere felice, più ricco e strutturato nella versione su traccia pubblicata nel 2015 per la Toto Sound Records. Figlia dei diversi concorsi "artigianali" – Premio Bindi (vinto nel 2015), Premio De André, Musicultura, Premio Bianca D'Aponte (è in finale quest'anno) – e di un paio di esperienze talent, Gabriella Martinelli unisce soluzioni fresche a una scrittura agile e scattante, che sa far sorridere ma sa anche scaldare l'anima. Una scrittura che volentieri si aggrappa a storie di viaggi e di scrittori amati, "perché le storie più belle si incontrano nei libri". Dopo averla ascoltata abbiamo deciso di fare quattro chiacchiere con la cantautrice di origini pugliesi sul tempo della sua musica, sulle città a cui è legata, su Pirandello, la libertà e il Buon Selvaggio di Rousseau.

 

"Cantautrice con un forte amore per la canzone d'autore e per il teatro", si legge nella tua biografia. Sul palco o nella scrittura, come unisci queste due passioni?
Ci sono avvenimenti che in qualche modo segnano la vita. Da bambina mia mamma mi portò ad un concerto di Pierangelo Bertoli. Avevo già ascoltato le sue canzoni in macchina con lei, insieme le avevamo cantate e commentate, ma quella sera fu qualcosa di straordinario: mi arrivò dritto al cuore lo sguardo di un uomo semplice, la voce potente…tanta forza. Un uomo vero. Alternava di continuo sigarette tra le dita e dialogava con la gente, raccontava poesie e riflessioni, le sue canzoni.
Alla fine del concerto mi girai verso mia mamma e le dissi "anch'io vorrei parlare così alla gente". Non passò molto tempo, lei mi comprò una chitarra e dopo qualche anno in Conservatorio e una serie di treni scelsi di sognare.

"Tempi moderni, tempi di affanni", canti in In un labirinto ad est. Nel tuo percorso, finora, hai sperimentato la doppia dimensione dei talent e dei concorsi più artigianali. Modi e tempi diversi di fare e proporre musica. Che tempo ha oggi la musica di Gabriella Martinelli?
Procedo con la famosa gavetta. La vita lo è. Ogni esperienza ha la sua età e a me ha insegnato a capire, a conoscermi e a riconoscermi col tempo in una dimensione piuttosto che in un'altra. Oggi ho sicuramente imparato ad ascoltare e a rubare di più dai grandi, voglio imparare bene il mestiere. Sono tempi di affanni, ogni tanto mi fermo, ci penso e poi mi rimetto in corsa cercando di cogliere il meglio.
Il talent mi ha portato a rapportarmi da subito con un pubblico molto numeroso e ha rappresentato per me un passaggio. Mentre da quelli che tu meravigliosamente chiami "concorsi artigianali" ho tratto esperienze umane e artistiche una più bella dell'altra. Musicultura per esempio è un Festival straordinario, che dalle prime audizioni lascia grande spazio al confronto...per non parlare della potenza dell'Arena Sferisterio, dove si tengono le serate finali: penso di non essermi mai sentita così minuscola tanto come su quel palco. E poi il Premio De André all'Auditorium Parco della Musica, il Premio Bindi che ho vinto lo scorso anno. Si tratta di realtà che ripongono un'attenzione particolare su noi emergenti e che incentivano le nuove proposte premiando i progetti più interessanti anche con riconoscimenti in denaro. In più ti dirò che ho incontrato persone bellissime sia all'interno dell'organizzazione che tra gli artisti...con molti ci si sente ancora, con alcuni sono nate delle collaborazioni. Quest'anno sono in finale al Premio Bianca D'Aponte e guardo dritto.

Spesso la canzone d'autore è legata alla città, alle storie e alle immagini che si porta dietro. Oltre a Berlino, Londra e Roma, che citi nel disco, a quali altre città è legata la tua musica?
Mi diverte disegnare personaggi e nei Caffè nascono le storie...sono bar nel centro di Berlino, passando per Lion. Sono curiosa e cerco volti. Viaggio in treno. Invento nomi e mi affeziono a città di passaggio. A volte dimentico, le città che racconto non sempre mi appartengono.
In alcune canzoni dell'album Ricordati di essere felice però sì, torna spesso la terra in cui sono cresciuta, la Puglia. Una terra alla quale sono molto legata, la terra di mia madre e dei miei nonni.

Nel disco compare spesso "te", sia per indicare la prima persona sia per indicare l'altro. È una sorta di dualismo interno o è semplicemente la declinazione di un rapporto sentimentale? Oppure entrambe le cose?
"Te", "me" alla ricerca di sé, fra i "se", tra gli altri. Siamo ciechi che si guardano continuamente allo specchio e che si riconoscono poi negli abbracci. Sono rapporti di pelle e giochi di fantasia. L'espressione dei sentimenti.

Dov'è che il mare si fa farsa?
Al confine tra coraggio e pazzia. 

Bellum omnium contra omnes, Homo omini lupus, ma forse anche Homo faber fortunae suae. Ruota attorno a questi tre assiomi il tema di Buon selvaggio?
Non proprio (sorride, ndr). Il mio Buon selvaggio è un Selvaggio che predica sentimenti buoni, vuole conservare il suo stato di natura, è figlio del sole, è libero e felice. Non è individualista, è mosso da un istinto che va contro ogni principio di guerra. Non si prende gioco dei deboli, piuttosto si preoccupa di difenderli. Perché, fondamentalmente, è anch'esso un debole: cade, si rialza e promette, a volte sono promesse da marinaio, si perde in qualche vizio. Ama il vino, l'amore e la buona musica. Sfida continuamente la sorte.
Non si riconosce nei potenti e nella corruzione della società. Non è ricco e non ha una passione per il denaro...viaggia in autobus, indossa quel che capita, si preoccupa poco della perfezione.

Nel Buon Selvaggio citi Coltrane. Nell'ultimo concerto ad Atri l'arrangiamento – vuoi anche per la formazione che ti accompagnava – si avvicinava molto ai suoni e ai modi del free jazz. È una dimensione in cui ti riconosci?
Diciamo di sì. Gioco spesso a rivisitare i miei brani con interpretazioni più libere, cercando suoni e stimoli diversi. Mi piace l'improvvisazione musicale e scenica, il testo resta l'elemento attorno al quale poter ricreare. In occasione del concerto di Atri del 31 luglio, ho desiderato che ad accompagnarmi fossero musicisti del posto.
Atri è una cittadina d'arte pazzesca. La sera passeggiando incontri chitarre blues, voci soul nei bar a far festa. La piazza propone il concerto del coro folkloristico del paese. Un piccolo scorcio lascia spazio a storie di cantautori intimisti e sotto il campanile si chiacchiera di lirica. In questa occasione più che mai ho voluto un linguaggio che fosse il risultato della bellezza di un posto così libero e ricco. 


"Non si è felici nell'imperturbabilità, ma nell'attraversamento del vento e della tempesta". È uno dei motti dell'ultimo libro di Roberto Vecchioni, La vita che si ama. Anche tu nel disco parli della felicità come qualcosa di quasi necessario, a un certo punto, anche se forse non si sa bene cosa sia o non si sa bene cosa fare per raggiungerla.

Adesso indosserò gli occhiali del vecchio professor Crastaing di Pennac e ti dirò: "Bisogna immaginare veramente. Immaginazione non significa menzogna!" È troppo difficile immaginare di essere felici? Penso sia neccesario ricordarsi che "si può". Ci si deve educare alla felicità, quantomeno provarci. Non è facile perché siamo completamente contaminati e sporcati dalla cattiveria, dalla mal informazione, dall'ignoranza e perdersi nello sconforto è semplice. Il cuore si affatica. Ma se ci rassegnamo contribuiamo ad imbruttire il mondo. Bisogna riempire la testa di avvenire, di baci, di libri: le teste vuote generano odio e infelicità.

In quel brano citi anche un Vinicio, accoppiandolo al vento. È scontato chiederti chi è? E chi è il Bob di Un sorso di whiskey?
"Che coss'è l'amor? Chiedilo al vento", e un Bob esiste più o meno nella vita di ogni donna.

Pensieri liberi. Due parole che aprono un mondo: la libera associazione, l'accostamento di pensieri uno dopo l'altro, ma anche libertà di pensiero. Per te, che a un certo punto hai deciso di farti sentire direttamente sotto la porta delle case discografiche, che valore ha la libertà?
Libertà sta per credere. Non posso pensare di vivere senza la fede nei miei sogni, nell'amore, nella mia amica di sempre, nel mare...ad ognuno il suo Dio. La libertà ha il valore del silenzio ma anche del canto, del vestito della festa, sta per ballare, soffiare, accarezzarsi, viaggiare contro il sistema quando serve, promettersi una ricompensa, fare e cercare l'America. 

"Le storie migliori si incontrano nei libri", dicevi ad Atri. Pirandello è uno di quei brani che nascono da quelle storie. Quanto e come influisce la letteratura sulla scrittura di Gabriella Martinelli?
Ogni qual volta inizio a leggere una storia ho la sensazione d'aver intrapreso un viaggio lunghissimo. Appena finisco, disfo la valigia e ho già voglia di ripartire. Leggo un libro sempre due volte, la seconda volta sottolineo...mi rimproverano perché alcuni dei libri che ho mi sono stati prestati ma è più forte di me. Lo trovo pazzesco: la letteratura contiene un patrimonio di immagini e colori immenso. Pirandello è uno dei miei autori preferiti, un comico dalla ragione complessa, un narratore attento alla follia, un filosofo, un genio.

A proposito di letteratura, in Tango 47 compare invece Dante. Questo brano ha una genesi particolare, ti va di raccontarcela?
Appena qualche anno fa...un'amica m'invitò a conoscere Stella, Presidente dell'Arcobaleno della Speranza. Associazione che ha lo scopo di promuovere la solidarietà sociale e la beneficenza nel campo delle leucemie e delle altre omeopatie. Una guerriera dalla grande tenacia e gli occhi colmi di voglia di vivere: "La vita è meravigliosa" mi disse "e sappi che qui si fa sul serio". Mi lasciò un libro tra le mani con la promessa di risentirci dopo averlo letto. La raggiunsi presto in reparto a Tor Vergata con uno dei miei musicisti. Quel giorno non suonammo per i pazienti, non fu il caso. Indossammo dei copri calzature ospedalieri e promisi di abbracciare la causa. Così ho scritto Tango 47. 47 è la stanza in cui sono ambientati gran parte dei racconti, pagine di un libro (intitolato come l'associazione: L'arcobaleno della Speranza) che suonano a ritmo di un Tango passionale, tormentato, Dantesco. Di Silvia (una delle giovani pazienti) recito il gioco dell'ABC che compare su per giù a metà del libro e che vede a confronto il degente e l'infermiere...due "Zuzzurelloni".
Il ricavato dell'acquisto di Tango 47 su Itunes è devoluto all'Arcobaleno della Speranza.

Officina invece è l'embrione del nuovo disco. Come nasce, dove nasce, dove andrà.
Il brano Officina nasce da un'esperienza formativa che prende il nome da Pier Paolo Pasolini. Officina Pasolini, un innovativo laboratorio di alta formazione del teatro, della canzone e del multimediale, attivato a Roma dalla Regione Lazio, la cui sezione canzone è coordinata da Tosca.
Si tratta di un posto in cui artigiani più e meno giovani mettono a disposizione l'un dell'altro le proprie conoscenze, le idee, la cultura, le certezze e le debolezze.
I personaggi che si susseguono sono straordinariamente interessanti e diversi tra loro. Ti puoi imbattere facilmente in cantanti dal cuore melodico, in sognatori distratti, nelle genialità dell'ansioso, accanto alla violinista da Conservatorio, ascoltando il chitarrista da strada, il socialista, gli affezionati dell'analogico, i figli della pay tv...il ribelle, gli artisti e poi i produttori che son prima di tutto artisti. Puoi ritrovarci l'Amico Fragile di De André, la sua Chiara Fontana e poi il suonatore Jones. Le bionde hanno i tacchi, s'incontrano i dialetti e la sveglia al mattino suona presto per tutti. Una canzone alle volte "è poca" per contenere tutto quello che dovrebbe, in questo caso avrei voluto girare un lungometraggio ma mi son fermata un po' prima e mi sono divertita tanto. Officina prenderà parte al nuovo disco a cui sto lavorando.

 

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