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Davide Rondoni

"Tu ca nun chiagne” la canzone italiana più bella. Conversazione con Davide Rondoni

Davide Rondoni è uno degli autori più noti nel panorama della poesia italiana. Se gli si chiede di definirsi sul piano politico e culturale, dice di essere “anarchico-cattolico di rito romagnolo".
Ha appena appena pubblicato il libro ‘Quasi un paradiso. Viaggio in Romagna. La terra del pensiero simpatico’ (Ed. Sem 2020).
Di certo è tra gli intellettuali italiani meno vincolati al politicamente corretto, anche quando si tratta di mettersi in gioco con posizioni non sempre conformi al mainstream.
Attivo generatore di legami tra artisti, si accompagna spesso con cantautori e musicisti, non ultimo il maestro Ambrogio Sparagna. Non lo si trova d’accordo, però, quando si accenna alla consueta identificazione tra canzone e poesia: sulla questione ha idee particolari e giudizi sorprendenti.
Se non provi a essere libero, anche quando questo ha un costo, non puoi, per definizione, essere artista”.
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In una kermesse estiva in Basilicata, la scorsa estate, ha dichiarato pubblicamente un giudizio forte: “Tiziano Ferro e Vasco Rossi sono decisamente più poetici di Fabrizio De André e Francesco Guccini". Un’esagerazione?
No, ne sono sicuro, se diamo al temine poetico il vero valore e significato, che non è "emozionante" o "letterario" o "serio". Poetico indica per me un lavoro originale e intenso sulla lingua, una innovazione e una energia plastica. In questo senso trovo poetiche certe cose di Eminem o di Elio e le Storie tese e - perché no? - di quel "copione" di genio che è Zucchero (nel senso che sa cogliere spunti in altri con genialità). O, ancora, in autori più recenti come Tommaso Paradiso e i Negramaro.

C’è qualche verso di una canzone italiana che ti colpisce in modo particolare?
È talmente vasto il panorama, che invece di solito si restringe colpevolmente, e in modo interessato, ai soli cosiddetti cantautori. Ce ne sono tanti di memorabili, da "Passami l'asciugamano, Tofee" di Vasco o certe parti di Quanno nascette Ninno di Alfonso Maria de Liguori, o alcuni versi di Piero Ciampi in quel capolavoro che è Adius. Penso poi a certe canzoni napoletane o all'immortale Bèla burdèla della mia terra.

La tua canzone preferita della musica italiana?
Se la si intende in senso vero e largo direi Tu ca nun chiagne (di Ernesto De Curtis e Libero Bovio, 1915), per la sua vastità, il senso di bellezza, malinconia e al tempo stesso forza.

Il poeta più vicino alla musica? O il cantautore più vicino alla poesia?
Rilke e D'Annunzio, dopo Dante e Baudelaire, ma se ne possono citare tantissimi, se si intende vicini alla musica. Il cantautore dev'essere vicino alla canzone non alla poesia.

Sei stato amico di Lucio Dalla. Quali elementi della sua sensibilità, del suo modo di essere artista ti sono rimasti più impressi?
La sua curiosità, il suo sentimento bambinesco ed evangelico della vita come dono e spettacolo.

Hai avuto anche relazioni culturali con Morgan e Jovanotti. Cosa vi ha uniti o vi unisce?
Con Marco siamo amici, ci si scambia idee e si sono fatte serate di poesia e musica, come anche con Cristiano Godano e Ambrogio Sparagna (qui insieme nella foto). Con Jovanotti un paio di incontri (mi invitò a un suo concerto e poi ci fu un pranzo a New York) e qualche scambio. Gli consigliai di leggere alcuni poeti, tra cui Pierluigi Cappello, e lui se ne è innamorato. Sono artisti diversi, buoni lettori certo, che al fondo della musica cercano una specie di speranza.

Tu hai spesso richiamato l’idea di una distanza tra canzone e poesia? Cosa crea questo solco?
Non lo definirei un solco, non ci sono mai solchi tra le forme d’arte, anzi mille legami e scambi. C’è però una sostanziale diversità di lavoro compositivo. Semplicemente quando scrivo una poesia lavoro in modo molto differente da chi scrive una canzone, almeno per quel che oggi intendiamo come tale. Lo hanno detto del resto tutti i poeti maggiori e tutti i cantanti più seri, da De Gregori a Vasco.

Quanto conta secondo te linterpretazione, nella canzone come nella poesia?
Tanto, come in ogni rapporto. Anche a te ora tocca “interpretare” le cose che ho detto, spero con benevolenza.

 

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