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Ex Ospedale psichiatrico Paolo Pini (MI)

Pacifico

Il 15 luglio a Milano, nell'ambito della rassegna Da vicino nessuno è normale”, Pacifico si è esibito in una lettura del suo monologo teatrale “Boxe a Milano - Ricostruzione di Agostino Sella, mite e disperato”, un’anticipazione del nuovo progetto di musica-teatro con cui il cantautore milanese sarà in tour dall’autunno. La serata si è svolta presso l'ex Ospedale psichiatrico Paolo Pini.

 

Oltre a questa lettura milanese, “Boxe a Milano” è stato incluso nel cartellone del Festival della Letteratura di Mantova, dove sarà nuovamente presentato a settembre. Si è trattato di una delle uniche anticipazioni di questo testo prima dell'allestimento teatrale vero e proprio, che inizierà ad ottobre.

 

Il protagonista di “Boxe a Milano” è Agostino Sella, un uomo sulla quarantina, ex pugile di tenui speranze e silenziosa tenacia. La perdita di memoria, a seguito del coinvolgimento in una rissa violenta, lo rende prezioso e apparentemente acritico ascoltatore, il magazzino nel quale si ritira a vivere dopo l'incidente diviene una sorta di confessionale laico per tutti i vicini che incuriositi vanno a trovarlo.

 

L’opera presentata da Pacifico è a metà strada tra letteratura e, per certi versi, filosofia. Si affronta il tema del dolore (di Agostino, ma non solo), posto in relazione alla dimensione del silenzio e al ricordo. Il dolore è letto all’interno di un vuoto, di un’assenza di presenza, un’incavo del Tempo,  un’incapacità a tessere le fila degli eventi, del vissuto che solo il ricordo in quanto tale può compiere.

È anche una riflessione sulla realtà che nel ricordo diventa “fatto” e certo si può alterare vivendola in modo virtuale (Cina), facendola balzare (Alba, la depressa) o divertendosi a frammentarla, a creare in essa dis-equilibri (il Sarto) o, come il padre di Agostino, patirla per poi lasciare che una volta sommersi da essa, si possa poieticamente ri-costruire.

 

Nel corso del monologo Pacifico presenta circa una decina di canzoni inedite che ne chiosano i singoli atti. Nella situazione del teatro-musica Gino De Crescenzo è perfettamente a suo agio, ed è vero poeta; la sua capacità di narratore si esprime completamente in equilibrio tra l’osservare attento la quotidianità della vita reale e il restituirla nel racconto con pacata ironia.

 

È quasi impossibile, a questo proposito, non operare un parallelismo con Paul Valéry (1871-1945), che con le sue opere in versi e in prosa ha reso testimonianza del potere conoscitivo della letteratura nella dimensione mentale della realtà.

 

Le confessioni dei vicini e le domande che Agostino pone loro, urgono di quella sensibilità che Valéry ritiene essersi persa. Gli oggetti, gli arredi della casa in cui Agostino vive la sua convalescenza diventano i porti da cui partono i racconti dei vicini; accade loro di fare tutto questo in una sorta di trance, poiché se solo i vicini sapessero della ricerca di senso e sensibilità di Agostino, inconsapevolmente non realizzerebbero quell’unità fodamentale tra l’io (sviluppatosi con l’uso del linguaggio) e la sensibilità, condizione necessaria ma nascosta del pensiero.

 

Questa conquistata intimità con se stessi, una confessione laica, penetra, finalmente, le cose della vita e Agostino che è stato privato di quell’io razionale che esclude tutte le cose vaghe dell’intelletto pone invece domande proprio su di esse. In questa dimensione si ri-costruisce la memoria di Agostino che certo non sarà perfetta in sé, ma avrà invece quella sensibilità, espressione di un quid che è balenato solo per un attimo, nello spazio-tempo precisi di un silenzio. Un bagliore capace di annodare i fili di una madre-nonna (Corinna) volutamente cinica innanzi al dolore di un figlio (il padre di Agostino) che si è perso nella propria disperazione alla morte della moglie ed è rimasto annichilito innanzi alla violenza cieca subita dal figlio.

 

Una lettera della nonna reca in sé la cartolina del padre al proprio figlio, l’invito ad andare ad abitare la casa, il luogo immaginato della “vecchiaia” del padre e della madre, ora finalmente ultimata: quando il dolore, la sofferenza si fa creativa chiudendo il cerchio delle cose della vita.

 

Al termine della rappresentazione, ci domandiamo se sia importante spiegare allo spettatore, in quello che vorrebbe essere l’epilogo, la bontà delle intenzioni dell’Artista che ha voluto provare a raccontare il dolore; lasciare allo spettatore la possibilità, a sua volta, di dare senso a quanto ascoltato è un piacere che non gli si può e non gli si deve negare.

 

Anche solo per consentirgli di dire “questa è soltanto la realtà quotidiana”.

 

 

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In dettaglio

  • Data: 2010-07-15
  • Luogo: Ex Ospedale psichiatrico Paolo Pini (MI)
  • Artista: Pacifico

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