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Palabutangas, Monteruscello (Na)

Francesco De Gregori


Sta bene dove sta. Dove sceglie di stare ancora, con la maturità e la volontà di un’auto-smitizzazione che non fa altro che mitizzarlo ulteriormente. Sta bene dove sta, lì sul palco, da solo con la sua chitarra a snocciolare perle vecchie (Quattro cani, Pezzi di vetro)  e meno vecchie (Compagni di viaggio, L’angelo di Lyon). E continua a starci bene, con il sorriso divertito di chi ama il proprio mestiere, quando lo raggiungono i fidi musicisti a colorare con tavolozze sempre in trasformazione i brani che hanno fatto la storia della canzone italiana. Se si può osare un rimprovero al passato, diciamo anche che De Gregori sta pure meglio quando - pur non rinunciando a vestire i suoi pezzi di arrangiamenti sempre nuovi - rinuncia alla mania di stravolgerne anche melodia e armonia. E sta bene chi è seduto e guarda una band compatta per gli anni di lavoro affiatato passati insieme, che suona senza autocompiacimenti e senza sbavature, senza fare di più ma senza mai fare meno del necessario affinché le canzoni abbiano la forza vecchia e la luce nuova che la gente pretende da un concerto. Sta bene chi è venuto al palasport periferico di una zona periferica (onore al merito di chi li organizza, i concerti) per partecipare ancora una volta al fenomeno già visto ma sempre miracoloso di un’assemblea, di un teatro in cui solo lo scambio reciproco, faticoso e piacevolissimo tra il performer e il pubblico può dare vita ad una rappresentazione veramente riuscita. Con tutte le buone intenzioni di un uomo di spettacolo che vuole fuggire dalle voci di popolo che per anni lo hanno voluto “principe” e, per questo, spiattella uno dopo l’altro (quasi) tutti i meritati successi, anche delle hit-parade: Titanic, La leva calcistica della classe ‘68, Atlantide, Rimmel, La storia (da solo al piano), La valigia dell’attore, Viva l’Italia, Il bandito e il campione, La donna cannone, Buonanotte fiorellino. Con la bella novità, signore e signori, che non si secca più di eseguirle tutte insieme, riappacificato con l’immagine di un grande autore sì, ma anche genuinamente popular.


Guai però a negare la grandezza di un repertorio in cui anche le pietre minori brillano come diamanti. Sarà per questo che tocca vette altissime anche con i rifacimenti coinvolgenti e divertiti di una Battere e levare velocizzata e solare, di una tosta Capo d’Africa, di un’aggressiva L’agnello di dio. E soprattutto con l’esecuzione commossa di Festival e Deriva, in cui dà in tre-quattro minuti tutto quel che ha. Perché sta bene dove sta.

Francesco De Gregori: voce, chitarra e pianoforte

 

Alessandro Arianti: pianoforte e tastiere

Lucio Bardi: chitarre e violino

Paolo Giovenchi: chitarre

Guido Guglielminetti: basso

Stefano Parente: batteria

Alessandro Valle: pedal steel guitar, chitarre

Tutte le fotografie sono di Pierluigi Messina


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In dettaglio

  • Data: 2009-12-03
  • Luogo: Palabutangas, Monteruscello (Na)
  • Artista: Francesco De Gregori

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