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Napoli, Palazzo Reale

Le metamorfosi della tradizione. Attorno alla canzone napoletana

La serie di incontri “Le metamorfosi della tradizione. Attorno alla canzone napoletana”, promossa dalla Biblioteca Nazionale di Napoli e da alcuni partner come Squilibri Editore di Domenico Ferraro, dal 20 al 24 maggio 2019, è culminata con un concerto di straordinario valore.

Con la direzione artistica del poliedrico Alessandro d'Alessandro, le esibizioni (ahimè, per necessità brevi) sono state assolute eccellenze, con una parallela ri-proposta di canti e note che, pur nella varietà dei generi e delle esperienze, tra filtri etnici e tecnologici, continuano a mantenere come fondamentale punto di riferimento quell'immenso patrimonio di modi e tradizioni che il macrocosmo di Napoli, in particolare, non ha mai abbandonato. La tradizione è sempre dinamica, pronta a cogliere ogni variazione di temi, rapida nell'assimilare nuovi linguaggi, inconsapevolmente abile nell'aderire in forme sempre nuove ai mutamenti sociali, sorprendente per la vitalità creativa con cui torna a misurarsi con la strada dopo ogni periodo di oscuro decadimento, sempre mantenendo i tratti che ne caratterizzano il nucleo identificativo. Sul palco si sono avvicendate alcune potenti voci di maestri che hanno allargato le frontiere della canzone popolare con classe, rispetto, provocazioni unite a innovazioni dissacranti, con recuperi di genialità marginali per i più; e a queste si sono aggiunte altre voci, nuove e già dotte, che stanno preparando le rivoluzioni ir-rispettose di domani.

Alle maestrie del compositore sassofonista Daniele Sepe (a destra nella foto) con il suo jazz mediterraneo e globale, che ha omaggiato e stravolto con malìa Canzone appassionata e recuperato l'arrangiamento originale di Giuseppe Anepeta per la Scetate che cantò Sergio Bruni; di Peppe Servillo, (qui a sinistra nella foto) accompagnato dal Solis String Quartet, con la sua straordinaria teatralità che ne fa epigono in musica di Edoardo, che ha riproposto un classico della macchietta napoletana come M'aggia curà grande successo di Nino Taranto e Che t'aggia di', con una classe e un trasporto senza pari o ancora della magnetica Maria Pia De Vito e la sua vocalità straordinaria, questa volta addirittura a cappella con l'intensa Mmiezzo 'o grano. Ma vanno segnalate anche le riuscite armonizzazioni vocali delle Ebbanesis, duo femminile campano (Viviana Cangiano e Serena Pisa, nella foto più in basso), che fanno sembrare facile quello che facile non è, sia alle prese con un classico come Rondinella sia con l'ardito adattamento in napoletano di Bohemian Rapsody dei Queen e la bravura di Roberto Colella, già leader de La Maschera, polistrumentista e dalla voce tonante che presenta Tu ca nun chiagne a cui fa seguire la sua bella N'ata musica. Altre note e altra magia arrivano da Flo, (nella foto in chiusura di articolo) che propone una personale versione di Presentimento (brano di inizio Novecento del grande E.A.Mario) e la sua trasognata Freve e crescenza, tratta da quell'album meraviglioso titolato "Il mese del rosario" che non ha vinto il Tenco del 2016 e ancora mi chiedo sconsolato perché… Chiudiamo segnalando l'organetto di Alessandro d'Alessandro (nella foto d'apertura in alto) che ha reso dovuto omaggio a Pino Daniele con Il mare e la sorprendente potenza vocale del rumeno-napoletano Florin Barbo, che ha aperto la serata con Maruzzella e l'ha chiusa con la spiritosa Carme'.

Napoli continua a essere la città più innovativa e tradizionale al tempo stesso, anarchicamente coerente proprio con la sua incoerenza millenaria, in continuo mutamento senza rinnegare mai nulla; la città più musicale in assoluto nel vecchio continente, quella più capace di assorbire e restituire qualsivoglia cambiamento. La sera del 24 maggio 2019 ne è stata offerta una efficace rappresentazione.

Servizio fotografico a cura di Alberto Marchetti

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In dettaglio

  • Data: 2019-05-24
  • Luogo: Napoli, Palazzo Reale
  • Artista: Le metamorfosi della tradizione. Attorno alla canzone napoletana