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Piccolo Bellini, Napoli

Giovanni Block

Il Piccolo Bellini di Napoli è una sala intima e raccolta, contigua al grande teatro ottocentesco, in pieno centro. Poco più di centoventi posti, l’aria e i tratti vissuti delle mille scene calcate da generazioni di artisti, oggi è un luogo di arte e spettacolo dedicato al teatro di sperimentazione ed alla musica.

In questo antico scrigno, l’ultima, piovosa sera di gennaio lo spettatore fa un salto indietro nel tempo e si accomoda di fronte al vicinissimo palco ad ascoltare il concerto di un cantautore del nostro tempo, Giovanni Block, giovane e talentuoso artista napoletano che meriterebbe maggiore visibilità e successo, posti gli indubbi fondamentali che possiede, e  non sfuggirono al Club Tenco, che gli assegnò nel 2007 la Targa Siae come miglior artista emergente, alla quale seguirono diversi prestigiosi riconoscimenti, fra cui il Premio Musicultura 2009 e due candidature alle Targhe Tenco nel 2016 (miglior album in dialetto e migliore canzone).

Artista e musicista  poliedrico, ha al suo attivo una laurea in composizione al Conservatorio di Napoli e due album, il primo cantato in italiano (Un posto ideale – 2011), l’ultimo in dialetto (S.P.O.T. - 2016), lavori ricolmi di brani di notevole impatto, che spaziano da toni di sferzante e graffiante ironia ad atmosfere musicali intime e soffuse, delicate e struggenti. Difficile inquadrarlo in un genere preciso, personalmente la considero canzone popolare colta, con influssi e tonalità mediterranee ed underground. Ma la musica non si spiega,  va ascoltata, e dando conto di un concerto, si tratta di raccontare i fatti e mischiarli alle emozioni. Cose così.

Si diceva, è giovane, ha talento e non fa rap, non cavalca l’onda ammiccante dei generi musicali di consumo, considera i talent televisivi un espediente al limite della truffa, ha le sue idee e ne paga personalmente il conto, ma ci guadagna in coerenza e credibilità. Se l’artista dev’essere vate, sarà bene che vaticini con le sue idee, le sue proposte ed i suoi stati d’animo, e non con quelli dell’agente o della casa discografica.

Al concerto del 31 gennaio, sala strapiena, è accompagnato da una pattuglia di ottimi musicisti: Eunice Petito ed Elisabetta Serio al pianoforte, Dario Maiello al basso, Giuseppe Donato alla batteria, Giovanni Sanarico al violoncello, Roberto Trenca, alle chitarre folk (dagli Appennini alle Ande). Voce, testi e chitarra di Giovanni Block, con preziosi inserti vocali di Greta Zuccoli ed Emilia Zamuner. Lo spettacolo ha inizio, ed è tutto un andare e venire di onde, fra l’impeto della  rabbia e del dileggio, e la risacca di commozione e passione, introspezione ed autoironia, sapientemente somministrati alla platea, che apprezza e applaude. Fuori piove a dirotto, dentro piovono empatia, condivisione, sonorità. Block inizia con Sule, canzone intima ed autobiografica, scritta a quattro mani con l’attore Gianfelice Imparato (nuje parlammo cu’ ‘a gente, annascus ‘int’o scuro/ si ‘e guardasseme ‘n faccia rimanessem’ annure), e prosegue con O mare va truvann’ ‘e forte,  riarrangiata con le sonorità andine di Roberto Trenca, per poi condividere col pubblico, che ritma il tempo con le mani la spassosissima (ed amara) Dint’ all’underground e la folleggiante Adda venì baffone, due pezzi notevolissimi, sui cui ritmi mediterranei e leggeri si scagliano parole pesanti come pietre, e lo stacco si vede, si sente, e pervade i sensi di chi ascolta.

Poi Giovanni Block si ferma e parla. Dice al pubblico che “questo è un concerto democratico, e perciò, se vi siete rotti il c…. ci fermiamo qui e nessuno si piglia collera”. Niente affatto, si va avanti, mischiando divertissement a brani di impegno (“mo’ v’accummencio ‘a ‘ffà due palle tante”), e si succedono Senza dicere niente, La moda del ritorno, La mentalità (evviva la dittatura/evviva la polizia/che picchia, fa rumore/mi disturba e poi va via), Song for Pagnotta e la spassosissima Senza avere successo dove, l’artista demodè si chiede “dimmi come posso andare avanti senza avere successo/e mi va bene lo stesso”.

Si arriva d’un fiato al finale, ai bis reclamati dall’artista, in vece del pubblico: “Adesso io faccio finta che vado, e voi mi chiedete i bis, che volete ascoltare? De Andrè? No, De Andrè stasera non ve lo canto.” E partono le note struggenti di Le scarpe, bellissimo ritratto familiare, un brano al quale Block sembra tenere particolarmente, e si vede da come la suona, e da come la canta. Si arriva al capolinea con la melodia e le parole di Proteggimi, dolcissima canzone-preghiera che tiene in sé i quattro punti cardinali della canzone d’autore. Ovazioni, l’alchimia è compiuta, il concerto, che dico il concerto, la festa, adesso è finita, una navetta immaginaria ci riporta sulla terra. Fuori, intanto, piove. Piove ancora.

Foto di Ric Pic

 

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In dettaglio

  • Data: 2019-01-31
  • Luogo: Piccolo Bellini, Napoli
  • Artista: Giovanni Block

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