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Roma, sala A Rai via Asiago 10

Viaggio in Italia – cantando le nostre radici

"[...] Voi potreste, o giovani, andar cogliendo di su la bocca del popolo, da provincia a provincia, la parola, il motto, la imagine, il fantasma, che è testimonianza alla storia di tanti secoli; potreste cogliere al volo la leggenda che da tanti secoli aleggia per entro le caverne preistoriche e i sepolcreti etruschi, intorno alle mura ciclopiche e ai templi greci, su gli archi romani e le torri feudali; voi potreste ricomporre cosi la demopsicologia dell'Italia, e dai monti alle valli, lungo i fiumi e su i mari della patria, cooperante la natura, ritessere per tutto il bel paese la poesia eterna, e non più cantata, del popolo" (Giosuè Carducci – Confessioni e battaglie, 1882) 

È stato un film di Rossellini con Ingrid Bergman, il resoconto del grand tour di Goethe, un'opera di Montesquieu, il sottotitolo di un viaggio in Millecento di Pasolini. Oggi "Viaggio in Italia" è anche un concerto-fiume prodotto dall'Officina delle Arti Pier Paolo Pasolini di Roma. Sulla scia di Alan Lomax (e Diego Carpitella, ed Ernesto De Martino, e Gianni Bosio, e Roberto Leydi, e Giovanna Marini), gli allievi diplomati della sezione Canzone hanno cercato e registrato per un anno canti delle loro terre d'origine, coordinati da Tosca, Felice Liperi e Paolo Coletta. Il risultato di queste ricerche, portato dal vivo negli studi Rai di via Asiago il 22 dicembre per i 70 anni dall'approvazione della Costituzione, porta il sottotitolo "cantando le nostre radici": in quasi due ore, 25 tra interpreti, attori e orchestrali liofilizzano l'Italia rurale in un sentiero antropo-filologico sulla nostra radice orale, rappresentando l'ultra-locale per celebrare l'universale.

Estrapolare un canto dal suo contesto d'origine non è cosa facile, se ne disperde il sapore. Il progetto di Officina Pasolini si pone allora a metà tra il ricalco e il ricreo, tra il folk revival e la rilettura "leggera", che cala il dialetto e la sua grammatica, la sua sintassi, il suo lessico e i suoi suoni in un'orchestra moderna; un confronto istruttivo con fenomeni culturali e linguistici radicati e immediati, che stimola un sano approccio popolare (e artigianale anzichenò) alla musica in chi con le parole intende produrre arte (un cantautore) e chi fa ricerca per un progetto vocale (un interprete).

Il corpus è immenso: 30 canzoni che toccano tutte le regioni italiane procedendo per dittici o trittici tematici e coprendo un arco temporale millenario. Impossibile srotolare tutto il repertorio, ma qualche menzione è d'obbligo. La più sentita va a Michela Flore (nella foto qui a fianco) per l'interpretazione di No potho reposare, poesia d'amore in sardo. La sua voce armoniosa esalta le iperboli stilnovistiche del testo scritto nel 1915 (lo stesso anno di 'O surdat 'nnamurato) dall'avvocato sarulese Salvatore Sini e musicato a tempo di valzer inglese da Giuseppe Rachel nel 1920. Nata col titolo 'A Diosa (dallo spagnolo endiosar, "dedica a una donna bella come una dea"), è stata la canzone con cui Andrea Parodi ha chiuso il suo ultimo concerto il 22 settembre 2006, e come il leader dei Tazenda Michela Flore riesce a esaltare, con risultati da pelle d'oca, la melodia struggente e la sottigliezza degli acuti.

Malatu p'amuri è fra i 50 canti più rappresentativi della Trinacria. Inserita nella raccolta "Eco della Sicilia" di Francesco Paolo Frontini (1883), viene grandemente restituita da Rita Ferraro e Fabia Salvucci, che imbrigliano l'andamento cantilenante e saraceno d'accompagno al tema catulliano dell'amore come malattia, racchiuso nei versi «cu st'ucchiuzzi ti taliu/moru, spasimu e diliru». Il sud di questi canti è un sud antico, che spesso conserva le idee e le forme delle comunità greco-romane, e il continuum che li trattiene è proprio il canto.

Tosca porta sul palco 'Na serenata a Ponte, ideata da Gastone Monaldi all'inizio dell'Ottocento e rielaborata da Nicola Piovani, che la sentiva cantare dalla zia. Questo tradizionale romano si regge su un'altra metafora amorosa, quella floreale, trionfante nei versi «e come un chiodo appiccicato ar muro/così me state voi/dentro la mente». L'interprete che diede voce ad Anastasia canta assieme alle sue allieve il Secondo coro delle lavandaie in una versione sintetica ripresa da "La gatta Cenerentola" di Roberto De Simone, e in duo con Fabia Salvucci intona Sogna fiore mio, scritta in dialetto ausonio da Ambrogio Sparagna e interpretata in passato anche da Lucilla Galeazzi.

Se Daniele Sepe nel "Canzoniere illustrato" aveva trasformato Il canto dei Filangeri, brano della tradizione orale napoletana, in una marcetta sfarzosa, qui la supervisione musicale di Piero Fabrizi rende il tono un po' più maledetto della storia. Retto su assonanze, consonanze e rime regolari, il testo racconta come la pena imposta da un magistrato (per un reato non commesso) non sortisca l'effetto sperato sul mariuncello. Marta Lucchesini (sotto, nella foto) napoletana non è, lo dicono le sue vocali aperte, ma se la cava bene e (vuoi per l'aspetto, vuoi per il timbro) regala all'iconografia del giovane malavitoso il suo contraltare bertelliano, sfumando i crimini con l'inquietudine â la Gianburrasca.


La cantautrice che in arte è Marat duetta con Paola Bivona in La leggera, canto dell'Appennino tosco-emiliano raccolto da Caterina Bueno a Stia. La leggera era il treno che a fine Ottocento trasportava i lavoratori stagionali in Maremma. Lo chiamavano così perché il bagaglio dei passeggeri era quasi vuoto: solo pane, mele e scarpe sfondate. Erano gli albori delle lotte proletarie e il canto serviva a farsi coraggio, ma era anche un modo per pagarsi il biglietto del viaggio. L'interpretazione di Lucchesini e Bivona (nella foto sotto) è più vicina alla versione recente di Ginevra Di Marco che a quella originale della Bueno, e le due voci si sposano con delizia, mentre kazoo e ukulele aggiungono un tocco esotico, come un cesto di vimini sulla testa.

Già, il treno. Eccola l'immagine centrale del concerto, così come recita uno dei brani letti in apertura da Andrea Colangelo. Lo spettacolo racconta la mitologia contadina, l'algìa per una radice epica, eterna linfa vitale che ci si è sempre portati appresso, il ritorno a una terra da cui non si è mai andati via, dove siamo sempre stati ma ce lo siamo dimenticati. Per farlo si attacca al treno che «torna a vedere quello che non si è visto», come il gusto pastoso delle storie che tutti conosciamo anche se non le abbiamo vissute. Il treno poi, specie al Sud,  la società l'ha proprio costruita, ma è stato anche il mezzo della sua dispersione. «La pietra ha cambiato posto», si è raffreddata, nessuno più l'ha accarezzata perché tutti si sono innamorati (forse senza essere ricambiati) del cemento, della benzina, della velocità, della mercanzìa. E così questo treno ormai «perduto» torna a vedere spose lamentose, tabacchine, mondine, servette femministe, lavandaie sboccate, contadini criminali e scugnizzi, sorci diavoli e criature, soldati alpini e bersaglieri, furastieri mendicanti e anime del purgatorio, lidi assolati e terre ossute d'appennino, terre calde e terre alpine. Tutta materia, con lo spirito affidato a ballate e ballatelle, stornelli e serenate, tarantelle e valzer, canti a cappella, invettive in vernacolo, mantici e tamburi. Lavoro, ballo, feste, credenze e sofferenze, tutti fenomeni legati a una tradizione orale e umana andata perduta con il boom economico, l'inurbamento, lo sviluppo mascherato da progresso che ha portato via le lucciole, per dirla con Pasolini.

Viaggio in Italia – cantando le nostre radici è un "villaggio vivente della memoria" che rende i momenti rituali della quotidianità del popolo e ne ricostruisce la poesia, la leggenda, il sentire collettivo. È uno spettacolo sapienziale, fluido, trasversale, completo; al di là di qualche momento perfettibile, potrebbe (dovrebbe) girare i teatri italiani e, perché no, le scuole. Lì dove si studiano la poesia, la leggenda, e la storia dei popoli.


Foto di Adriano Natale 

a cura di Tosca, Felice Liperi e Paolo Coletta
Supervisione musicale di Piero Fabrizi
Regia e letture di Massimo Venturiello
con la partecipazione straordinaria di Tosca
Prodotto da Officina delle Arti Pier Paolo Pasolini
Interpreti: Eleonora Tosto, Francesco Anselmo, Marta Lucchesini, Paola Bivona, Sara Franceschini, Rita Ferraro, Andrea Caligiuri, Walter Silvestrelli, Valerio Buchicchio, Carlo Valente, Michela Flore, Giulia Olivari, Fabia Salvucci, Claudia Zanecchia, Salvo Corallo, Elisa Massara, Giorgia Parmeni
Voci narranti: Ludovica Bove, Andrea Colangelo
Musicisti: Alessandro Greggia, Carlo Valente, Matteo Bottini, Massimo De Lorenzi, Giovanna Famulari, Walter Silvestrelli, Francesco Benedetti, Alessia Salvucci

 

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In dettaglio

  • Data: 2017-12-22
  • Luogo: Roma, sala A Rai via Asiago 10
  • Artista: Viaggio in Italia – cantando le nostre radici

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