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Brescia, Latteria Molloy

Omar Pedrini

Uno zio Rock in grande forma è tornato a Brescia per chiudere virtualmente il cerchio di un’annata particolarmente positiva. Il disco Come se non ci fosse un domani, il libro Cane sciolto e un tour molto sostanzioso hanno celebrato il ritorno di Omar Pedrini tra i grandi cantanti-autori rock italiani. Un artista a tutto tondo, che ha il fiuto per tutto ciò che ha a che fare con l’arte e la bellezza, partendo da una prospettiva “bassa”, vicina cioè alla dimensione popolare. Il suo è vero pop, nella sua accezione più autentica, una musica popolare, fruibile da tutti senza snobismi e pseudo intellettualismi e che veicola tutta l’identità del rock primordiale, che è musica per cuori ribelli. Non è un caso quindi se il popolo continua ad amare Omar Pedrini con grande affetto e trasporto. In particolare Omar Pedrini vanta un legame inossidabile e storico con il popolo degli “Ultras” del Brescia, squadra della sua città e della quale è tifoso, presenti in gran numero anche in questa data di Venerdì 15 Dicembre alla Latteria Molloy.

Chiudiamo con la sociologia però e tuffiamoci nel concerto che ha visto Pedrini guidare con grande piglio e trasporto una band di alto livello, tosta e potente come richiede la celebrazione del rito del concerto rock: Beppe Facchetti alla batteria, Carlo Poddighe alle chitarre e alle tastiere, Marco Grasselli alla chitarra elettrica e Larry Mancini al basso, cui aggiungiamo Omar Pedrini, con la voce e le sue chitarre. All’ingresso della band la Latteria Molloy esplode letteralmente, palco bardato con bandiera inglese a vessillo della Sardegna, ma non c’è tempo da perdere, Omar attacca Nina (meno male che ci sei) dal penultimo album, quello del suo definitivo rilancio, Che ci vado a fare a Londra?. Band subito calda e Omar in palla, con una voce in forma come mai ci era parso di sentire, segno una salute ritrovata, dopo le due guerre affrontate e vinte contro il suo cuore ballerino, ma anche di un rinnovato entusiasmo e di una nuova consapevolezza. La consapevolezza di poter contare su un passato importante con i Timoria, del quale solo pochi in Italia ne hanno la piena coscienza, e di un percorso da solista che finora ha lasciato alcune gemme ma che solo negli ultimi anni, messi alle spalle i problemi fisici, sembra aver trovato la piena maturità. Via Padana Superiore è un classico dei Timoria, molto amato dal pubblico che tributa ad Omar applausi calorosi. Omar accenna la cover della leggendaria Shine on your crazy diamonds, quindi attacca 1971 (Live in Amsterdam), da El Topo Grand Hotel, ultimo disco dei Timoria prima della colonna sonora Un Aldo qualunque sul treno magico. Il concerto è entrato nel vivo, cori da stadio (“Alè Oh Oh, Omar, Omar!”) introducono la splendida Benvenuti a Milano, una cartolina di un bresciano che ha scelto di vivere nella grande metropoli delle Tre torri, che, giorno dopo giorno sale, tra sogni infranti e nuovi slanci: “La Milano vista, come sempre, dai gradini della Stazione Centrale”, dice Omar. E’ con un po’ di trepidazione che Omar presenta Un gioco semplice, dono personale di Noel Gallagher (Oasis!), autore del brano inedito Simple game of a genius, sul quale poi Pedrini ha scritto il testo in italiano. Una ballad lenta sulla quale il chitarrista Marco Grasselli ricama incursioni elettriche. Torna Fresco, un brano dei Timoria da riscoprire, poi uno dei pezzi più amati da Omar, Sole spento, ispirato dalla lettera di un carcerato, nel quale la band esprime tutte le proprie potenzialità rock regalando una performance splendida per una canzone di grande valore.

Come sempre Omar ha diverse carte da giocare durante i suoi concerti, la prima è la presenza dell’attore Alessio Boni, che recita La follia, subito dopo ripresa e cantata da Omar and band. Segue la title track dell’ultimo album Come se non ci fosse un domani, rock ispirato dalla paura dilagante nel mondo contemporaneo: “partiremo su quelle astronavi, fuggiremo dagli essere umani, io e te, come se, come se non ci fosse un domani”. Restiamo sempre nell’ultimo disco con Sorridimi, brano questa volta di speranza e di gioia. Omar esce, saluta gli amici accanto al palco e rientra per il primo bis, Cane sciolto, canzone che si rivela come uno dei nuovi classici di Omar, splendida commistione tra un testo intenso e una musica leggermente retrò ma di grande valore (c’è un po’ di “While my guitar gently sweep”, se mi è consentito). La band in questo pezzo si supera, Carlo Poddighe rivela il suo talento ma tutti i componenti mostrano un grande affiatamento, da team molto ben amalgamato. Sullo sfondo si avverte la presenza spirituale del maestro Lawrence Ferlinghetti, che ha recitato sul pezzo registrato nel disco. Omar è felice, ha cantato, saltato, gridato, coinvolto pubblico, musicisti, ultras, amici, giunti dal Veneto, da Genova, da Trento, dal Piemonte. Un grande abbraccio Omar lo regala a tutti i suoi fans, e dedica loro il gran finale tutto targato Timoria. Senza vento svela la seconda sorpresa della serata: Omar lascia il ruolo di cantante ad un vecchio amico, che si esibisce, il sogno di una vita, mostrando discreti numeri. Gesto straordinario, non da tutti, poi Omar riprende il microfono e attacca Verso oriente, altre grande pezzo, cantato, nella sua versione in studio, con Eugenio Finardi. Omar Pedrini gronda di sudore, il recente intervento al ginocchio non ha inciso per nulla sulla sua performance, il Guerriero anche stasera ha messo in campo tutto ciò che aveva, da gran lottatore qual è. Siamo quasi alla fine, ma ora è la volta del pezzo più amato dai fans dei Timoria, Sangue impazzito, storia di un ritorno a casa dopo una notte brava, con un po’ di nostalgia per quel “tempio che un tempo era mio”, e una fetta di tristezza espressa tutta nell’attacco della canzone, con versi di autentica poesia: “Uomini, domenica, gente che allegra va, risveglia la città. Dormono le fabbriche, in giro ancora io, vivo non lo so”. C’è ancora tempo per giocare con un verso di “Sangue impazzito”, “dove vai dove vai, uomo del mondo”, che Omar fa cantare al pubblico, quelli di destra e quelli di sinistra che cantano in alternanza fondendo poi le due frasi della strofa. Siamo alla fine, Omar ringrazia musicisti, pubblico, tecnici e chiude con Freedom, l’inno all’amicizia cantato dalla band con l’ausilio di AmbreMarie e i suoi musicisti, che avevano aperto la serata (prima di loro Thomas Cheval) mostrando grande grinta e buone qualità.

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In dettaglio

  • Data: 2017-12-15
  • Luogo: Brescia, Latteria Molloy
  • Artista: Omar Pedrini

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