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Arena di Verona

Francesco De Gregori

FRANCESCO DE GREGORI IN UN GRANDE CONCERTO ALL’ARENA DI VERONA FESTEGGIA I 40 ANNI DELL’ALBUM RIMMEL.

Se ne parla da tempo e se ne parlerà ancora a lungo, crediamo. Sono per lo più pagine chiare quelle che raccontano di un grande concerto-evento, di una coloratissima e luminosa “festa di compleanno”, la festa per i 40 anni di Rimmel, l’album di Francesco De Gregori uscito appunto nel 1975 e destinato a cambiare per sempre il modo di scrivere (e cantare) canzoni in Italia. Rimmel ha rappresentato infatti un punto di svolta (per quanto probabilmente De Gregori a quel tempo ne fosse inconsapevole) nel panorama della canzone d'autore italiana, una sorta di punto di non ritorno. Se non suonasse retorico, si potrebbe dire che nulla dopo quel disco (e il successivo Buffalo Bill) sarebbe stato più come prima. Basterebbe pensare ai fiumi di inchiostro "sprecati" dai critici e dai giornalisti dell'epoca, subito dopo la sua uscita. E ancora oggi, anche dopo questo concerto.
Basterebbe infine pensare che tutti noi, che abbiamo comprato, amato (e perché no, anche odiato in qualche modo) quel disco, ci ricordiamo  ancora oggi perfettamente il momento in cui per la prima volta l’abbiamo messo sul piatto per farlo girare.
O, se era una musicassetta, magari frutto di risparmi di settimane di “paghetta” (come nel caso di chi scrive) , il momento esatto in cui l’abbiamo infilata nel mangianastri per poterla ascoltare.

“Se non apparisse azzardata la similitudine” suggerisce Andrea Podestà “si potrebbe quasi dire che Rimmel sta alla musica italiana come Sgt Pepper's Lonely Hearts Club Band sta alla musica mondiale”. Sì, perchè fra le altre cose “De Gregori è il primo a scrivere canzoni d’amore senza le parole delle canzoni d’amore” spiega inoltre Claudio Fabretti. Le canzoni dell’album “sono piccoli film, dalla trama tutt’altro che lineare, frammenti di un puzzle da ricostruire, giochi di specchi che deformano una realtà molto più ampia e indecifrabile.” “In tutto Rimmel dura meno di mezz’ora,” scrive Enrico Deregibus nel suo recentissimo libro Francesco De Gregori. Mi puoi leggere fino a tardi (Giunti Editore) “sufficiente a farci stare nove canzoni lontane da quello che c’è in giro, con un rapporto nuovo tra parola e musica, con un continuo mutamento di prospettiva, di piani descrittivi, con una straordinaria forza espressiva e di sintesi. (…) Canzoni che hanno scavallato gli anni, tutte quante.”

Per festeggiare questo prezioso album, De Gregori ha quindi pensato a un concerto speciale, fatto di tanti diverse situazioni, per concludere il tour “Vivavoce” iniziato a marzo di quest’anno e ricchissimo di date in ogni piazza d’Italia. Lui stesso ha voluto che fosse una festa, l’incontro di più artisti sullo stesso prestigioso palcoscenico, ognuno dei quali ha a modo suo omaggiato la famosa ragazza con il collo di pelliccia e le lacrime di trucco sbavato, e tutte le altre memorabili canzoni dell’album, colonna sonora anche affettiva di più generazioni. L’autore di Rimmel ha quindi idealmente incontrato e abbracciato quelle stesse  generazioni attraverso la presenza di artisti tanto diversi tra loro come Elisa e Caparezza, come Sparagna e Fedez, come Fausto Leali  e Giuliano Sangiorgi, e ancora il comico Checco Zalone piuttosto che Ligabue, Malika Ayane e il gruppo dei L’Orage, pur sapendo di non rispecchiare esattamente sempre il gusto del proprio pubblico, dei suoi fans più affezionati e magari più intransigenti, pur immaginando l’insorgere di polemiche inutili che poi, di fronte ad uno spettacolo ben costruito e di così ampio respiro, lasciano effettivamente il tempo che trovano.
C’è stato qualcuno che ha storto il naso, qualche critico ha scritto alcune pagine più scure mettendo in dubbio l’autenticità dell’iniziativa. Qualcun altro ha bollato il concerto come un grande show “televisivo” (che però è stato trasmesso solo in “radiovisione” sul canale di RTL 102.5), ma sono stati soprattutto coloro che non l’hanno vissuto dal vivo in quello scenario unico, avvolgente e coinvolgente che è l’Arena di Verona, a gridare al “sacrilegio”. Noi dell’Isola, che c’eravamo ed eravamo tra il pubblico con molta curiosità, emozione e voglia di festeggiare, ve lo vogliamo quindi raccontare così.

L’appuntamento è stato fissato da mesi al 22 settembre nel “tempio” della musica (non solo lirica), quell’Arena di Verona teatro di grandi spettacoli, quelli che non si dimenticano facilmente. I biglietti, in vendita dalla primavera, sono esauriti da settimane. E stiamo parlando di una capienza di quasi 15.000 posti a sedere, occupati per l’occasione da amici arrivati da tutta Italia a festeggiare idealmente lei, l’inconfondibile e gentile signora ritratta di profilo sulla copertina-icona di un disco che ha contribuito in maniera determinante alla storia della musica italiana. E a tutti gli “invitati” alla festa viene regalato all’entrata proprio il 45 giri stampato in edizione speciale per l’occasione, contenente come l’originale di 40 anni fa Rimmel da un lato e Piccola mela sul lato B. De Gregori inizia il concerto alle 21 precise, uscendo dal buio azzurro sul palco di un’Arena strapiena, con la chitarra in braccio e la voce piena e chiara, ed intona Lettera da un cosmodromo messicano, per poi proseguire senza interruzione con Il canto delle sirene. Intorno a lui vi sono i fedeli musicisti della Band che lo ha accompagnato in tour, nell’ordine Stefano Parenti alla batteria, Paolo Giovenchi alla chitarra, Alex Valle alla pedal steel guitar e al mandolino, i tre fiatisti, Stefano Ribeca, Giancarlo Romani e Giorgio Tebaldi, Elena Cirillo al violino, Alessandro Arianti alle tastiere e alla fisarmonica, Lucio Bardi alla chitarra e il “Capobanda” Guido Guglielminetti al basso e contrabbasso elettrico, elegantissimi come per ogni occasione importante, in giacca nera. Con loro, alle spalle di De Gregori, prendono posto le due coriste “storiche” di De Gregori e della miglior musica italiana, Lalla Francia e Lola Feghaly, sorprese molto gradite e preziose di questa serata speciale. I primi brani provengono direttamente dalla scaletta del tour Vivavoce, con gli arrangiamenti del live e del disco omonimo. De Gregori è perfettamente in sintonia con la band e appare a proprio agio su quel palco così vasto. La voce è limpida e ricca di sfumature. Sorride spesso, come fa ultimamente, anche mentre canta. Molti tra il pubblico notano ed apprezzano quella sorta di “stato di grazia” del cantautore in questi anni più recenti. Chi è arrivato presto a Verona nel pomeriggio, e si è soffermato fuori dall’Arena, ha potuto ascoltare infatti Francesco De Gregori provare per quasi cinque ore con tutti gli ospiti della serata senza mai smettere, e adesso se lo ritrova davanti per almeno altre tre ore di concerto con una voce che non conosce sbavature, che non esce dal registro, che mantiene fino all’ultimo brano potenza e pulizia e arriva davvero “fino all’ultima fila” dell’antico anfiteatro.

Si prosegue con La leva calcistica del 68, poi De Gregori decide che è arrivato il momento in cui  “forse questa bella gente vuole sentire qualche canzone del vecchio Rimmel” (urla e applausi fragorosi) e quindi si comincia con Il Signor Hood dove le tre voci femminili ai cori (compresa Elena Cirillo) sono l’accompagnamento ideale. Di seguito “ Quattro cani” con il tempo scandito dal battito delle mani dei fiatisti, delle coriste e di tutto il pubblico che li segue, è di una bellezza struggente. La luna è nascosta a tratti dalle nuvole ma non fa freddo stasera, e quindi si potrebbe cantare, anzi si può, decisamente e a lungo. Ma è già il momento di un repentino cambio di atmosfera. Sul palco irrompe Caparezza con la sua straordinaria e travolgente presenza scenica, la sua energia, la sua maglietta giallo canarino e i suoi capelli da fumetto, che  attacca L’Agnello di Dio. Tutta l’Arena batte mani e piedi seguendo con lo sguardo la falcata dell’artista pugliese che percorre più volte la lunghezza del palcoscenico. De Gregori riconduce, con il suo timbro pacato e intenso, alla giusta atmosfera nel ritornello.

Le luci si spengono, poi tingono il palco di un azzurro soffuso. Renzo Zenobi prende posto accanto al pianoforte con la sua mitica chitarra ed esegue da solo l’intro di Piccola Mela che ha lo stesso “sapore” di 40 anni fa. De Gregori inizia a cantarla da solo, con dolcezza poi, visibilmente emozionata, entra in scena Malika Ayane che fa il controcanto nella seconda strofa. Una splendida alchimia nel gioco di voci che, di seguito, lascia posto ad un’altra voce particolare, quella di Giuliano Sangiorgi che entra nella seconda strofa di Pablo. Il leader dei Negramaro sul momento lascia tutti un po’ spiazzati: il suo accostarsi a quel pezzo forte della discografia degregoriana magari non viene del tutto apprezzato, ma l’approccio è comunque garbato e alla fine tutto il pubblico dell’Arena intona in coro con grande coinvolgimento la celeberrima frase: “ Hanno ammazzato Pablo, Pablo è vivo”. Un inedito arrangiamento blues introduce poi la voce “nera” inconfondibile di Fausto Leali che si dedica a una appassionata e inedita versione de La valigia dell’attore, quindi Elisa con il suo leggerissimo abito azzurro e i piedi scalzi si siede al pianoforte per cantare e suonare da sola Buonanotte fiorellino. Un intoppo tecnico spezza purtroppo per un attimo la bellezza di questa scena delicata e dolce, ma poi tutto pare più o meno risolto e l’interpretazione molto personale della cantante friulana dona una ennesima nuova veste al pezzo, una ninna nanna che segue il ritmo di un carillon.Del resto questo è uno dei brani di De Gregori che hanno avuto più rivisitazioni ed arrangiamenti diversi in tutta la loro storia, e anche Elisa l’ha voluta fare a modo suo.

Torna Caparezza con la sua voce ruvida su Buffalo Bill, terminata poi da De Gregori, quindi Giuliano Sangiorgi canta da solo Guarda che non sono io, dichiarandosi molto emozionato ma non rendendo a nostro parere tutto il fascino di un brano che nell’immaginario del pubblico riguarda strettamente De Gregori, e che si fa in parte fatica a pensare possa calzare allo stesso modo addosso ad un altro interprete.
Si torna alle atmosfere vivaci dell’ultimo tour con Finestre rotte che De Gregori canta  accompagnato dalla band, per poi passare ad una Viva l’Italia che, dice, “oggi avrebbe bisogno di un aggiornamento”. De Gregori ci propone quindi l’inedita versione in duetto con con Fedez, il quale inserisce liberamente spezzoni di frasi rap tra una strofa e l’altra del famosissimo brano. L’effetto delle parole di un (anche lui) visibilmente emozionato giovane rapper è strano e straniante, il tentativo appare forse un po’ forzato, ma nell’insieme della festa anche questo ci può stare, se pensiamo che ognuno degli artisti presenti ha portato qualcosa di sé e del proprio modo di interpretare nel contesto “degregoriano”. Che piaccia o meno, questo è il senso più volte dichiarato dallo stesso De Gregori della serata. Col suo organetto fa ingresso sul palco anche Ambrogio Sparagna, evidenziando così ancora di più l’accostamento decisamente insolito tra folk ed estrema modernità.

Il cambio di scena è di nuovo repentino. Arriva Checco Zalone, che dopo qualche battuta ironica con De Gregori, si siede al pianoforte e inizia a cantare la “sua” Donna Cannone, cioè una parodia del celeberrimo brano con le voci di vari interpreti della canzone italiana. Il testo originale viene rispettato, ma le imitazioni seguono le melodie di altre canzoni molto famose degli artisti citati, da Vasco Rossi a Tiziano Ferro, Eros Ramazzotti, Carmen Consoli, Renato Zero e Gigi D’Alessio. Il pubblico dell’Arena apprezza (forse più di quanto dimostri lo stesso De Gregori, tra il finto stupito e il simpaticamente offeso), ride fino alle lacrime, applaude con gusto il siparietto comico. Zalone, da parte sua, rivela doti canore non indifferenti e dai più inaspettate nell’interpretazione successiva, stavolta seria, di Piano bar. L’intervento di De Gregori spiazza a sua volta con un cambio di testo che ai più non sfugge: “…un pianista di piano bar che affitta l’anima per poche lire”.
Torna in scena Malika, si siede al centro tra la violoncellista Giulia Monti ed Elena Cirillo al violino, e pizzicando le corde di un cello elettrico, canta con molto garbo ed intensità una splendida Pezzi di vetro.

Il pubblico di De Gregori a quel punto fatica a riconoscere le sonorità del brano successivo, infatti il padrone di casa inizia a cantare il brano di Ligabue Il muro del suono, duettando poi con lo stesso autore in una interpretazione convincente che fa raccogliere ai due cantautori affiancati sul palco l’ovazione del pubblico. Accompagnati poi dalle loro sole chitarre acustiche, in mezzo al buio del palco fattosi nuovamente deserto, i due eseguono Alice, nella versione presente nell’album Vivavoce ( con l’alternarsi delle voci differenti, gli accenti caratteristici così evidenti e il finale un po’ trascinato e corale) della quale i fans più“puristi” di De Gregori si sono oramai, loro malgrado, fatti una ragione.

Torna in scena la band con cui De Gregori esegue una allegra e rilassata Niente da capire, con l’ormai famoso“gioco” dell’attesa prolungata nel finale del ritornello in dialogo scherzoso col pubblico.  Sugli schermi ai lati del palco viene quindi proiettato il filmato di un’intervista a De Gregori all’epoca dell’uscita di Rimmel; vi sono anche delle inquadrature in studio di registrazione dove per qualche istante compaiono Ivan Graziani e Lucio Dalla, accolte dall’applauso caloroso del pubblico dell’intera Arena.

Una versione molto bella e sentita di Le storie di ieri ci viene regalata dal gruppo folk rock valdostano dei L’Orage, guidato da Alberto Visconti alla chitarra e voce solista sicura e dal timbro pieno.  L’omaggio allo splendido pezzo interpretato come è noto anche da Fabrizio De Andrè, risulta qui davvero notevole, rispettoso e ben riuscito. Il ritorno di Caparezza con Ambrogio Sparagna ci regala una vivace Vieni a ballare in Puglia, e a seguire l’atmosfera torna di nuovo intima e lieve con la bellissima Bellamore, cantata in duetto da De Gregori ed Elisa (che entra nella seconda strofa) con grande intensità.

Il cantautore romano inizia a cantare A chi, mentre alle sue spalle appare dall’ombra un Fausto Leali ironico e divertito, il quale irrompe con potenza dopo il primo ritornello suscitando un boato del pubblico che restituisce al suo interprete originale il giusto tributo, dopo che per anni la voce di De Gregori aveva un po’ “maltrattato” nei suoi live (volutamente ma anche affettuosamente) questo celeberrimo brano.  – Ci conosciamo da una vita - dirà poi De Gregori  spiegando la presenza dell’amico sul palco e un abbraccio complice metterà in evidenza la notevole differenza di statura (in realtà solamente fisica) fra i due.

Dopo una esecuzione lenta di Generale, un altro brano che nel corso del tempo ha subito infiniti arrangiamenti e rivisitazioni, De Gregori presenta la sua Band e le coriste d’eccezione, e dedica un momento anche a Renzo Zenobi, storico chitarrista dell’album che stasera si celebra e al ricordo degli altri musicisti vi che parteciparono. La donna cannone è eseguita come di consueto con grande intensità con Alessandro Arianti al pianoforte ed Elena Cirillo al violino. De Gregori, al centro della scena difronte al microfono, accarezza le parole con lievi gesti delle mani. Poi si inchina al pubblico pagante che esplode in un lunghissimo (quanto scontato ed inevitabile) applauso.

Nuovo cambio di intensità che anticipa il clima festoso del finale: Sotto le stelle del Messico con Sparagna  e i fiati potentissimi invita all’allegria, alla festa, al ballo. Si prosegue sempre insieme ad Ambrogio Sparagna  e la sua banda coloratissima con una splendida L’abbigliamento di un fuochista nella versione più bella e già nota, quindi tornano sul palco Giuliano Sangiorgi e Ligabue che si alternano con De Gregori nel cantare Rimmel, dopo la lunga e molto piacevole introduzione di chitarra dello stesso Sangiorgi. Uscito di scena il leader dei Negramaro, rientra Elisa che si siede al pianoforte e accompagna un Ligabue forse un po’ distante dalle sonorità intense del brano che si appresta a cantare, Sempre e per sempre in duetto con De Gregori. L’esecuzione del rocker emiliano non è impeccabile, anzi, sembra quasi distratta - o forse è solo l’emozione che gli fa commettere anche qualche errore nel testo - e la resa non è delle migliori a nostro avviso. Del resto questo è un altro di quei brani dalla struttura piuttosto complessa in cui quasi nessun interprete ( forse solo Fiorella Mannoia c’è riuscita egregiamente finora) può reggere il confronto con la versione originale. Crediamo che la scelta di questo duetto canoro non sia stata delle più felici, ma naturalmente questa è soltanto una opinione di chi scrive.
L’atmosfera infine si scioglie e si riscalda vivacemente nell’interpretazione corale di Fiorellino #12&35 (la versione live più “dylaniana”), con tutti gli artisti presenti insieme sul palco a festeggiare il disco forse più famoso (e venduto) di quel Francesco De Gregori che ora si inchina, ringrazia, abbraccia, applaude verso il pubblico e sorride visibilmente sereno e soddisfatto per la gran bella serata appena trascorsa.

Dopo tre ore abbondanti di musica, emozioni (dalle lacrime alle risa), immagini e suoni strepitosi, si fa quasi fatica a lasciare la platea e le gradinate dell’Arena. Tra il pubblico si sono ritrovate amicizie geograficamente lontane, molte di vecchia data e ne sono scoppiate di nuove. Si sono visti volti noti ed altri incontrati finora solo virtualmente, ci si è conosciuti e riconosciuti per sensibilità e passione comuni. Qualcuno si appresta a staccare gli striscioni che, sulle transenne delle gradinate, hanno testimoniato la presenza di fans club storici come il Rimmelclub o altri più recenti, come Oltre il confine chissà, il gruppo nato sulle pagine di facebook.
Qualcun altro ancora raccoglie impressioni ed emozioni che poi vorrà raccontare con passione, anche attraverso immagini fotografiche scattate quasi furtivamente, su queste pagine chiare.

C’è da continuare a sognare sulle note di questa serata, canticchiando canzoni in macchina fino al ritorno a casa a tarda notte, ma c’è soprattutto da prepararsi al prossimo evento, l’uscita annunciata per il 30 ottobre del nuovo album di Francesco De Gregori Amore e furto, il disco che raccoglie le traduzioni di 11 canzoni di Bob Dylan  tradotte in italiano e interpretate dal cantautore, con grande amore e rispetto.
Il primo singolo che anticipa l’album si intitola Un angioletto come te ( traduzione di Sweetheart like you) ed è in rotazione alle radio già dal 2 ottobre. De Gregori quindi farà molto presto parlare ancora di sè, con questo disco a cui seguirà una nuova toruneè nel 2016, per la gioia di tutti noi.

(Foto di Valeria Bissacco)

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In dettaglio

  • Data: 2015-09-22
  • Luogo: Arena di Verona
  • Artista: Francesco De Gregori

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